ISCHIA. DOVE SONO I LUOGHI D’INCONTRO, DI CONFRONTO E DI CRESCITA? DI ANTIMO PUCA

La panchina è un luogo-non-luogo. È spesso il luogo dei luoghi. È provvisorietà e casa. Solidifica le amicizie. Accoglie incontri e addii. È democratica. Fa sedere tutti senza pagare. Luogo «politico» e della politica. Seleziona ed esclude. Ospita e respinge. Che cosa significa parlare di spazi pubblici? Mobilità e viabilità confuse? Come gli autobus? Le risposte vanno date da chi può e deve a chi lotta ogni giorno per portare il pane a casa e vede che l’impresa in cui ha investito non ha più mezzi per sopravvivere. Migliorare la qualità degli spazi pubblici. Trasformare le strade in luoghi in cui incontrarsi e socializzare. Il senso di comunità si incrina scendendo nelle strade. Il patto fra privati e amministrazioni, gli spazi pubblici, si sono sfilacciati. Piazzette sono coperte da chioschi di gelati sempre più grandi affollati da giovani. Secoli, culture si sfiorano senza incontrarsi.

Niente gelati «progressivi» per mescolare gusti e costumi. Cubi rifatti simboli di nulla nei parcheggi. Non luoghi. Mini arene moderne. Ripensare il turismo è una priorità per il nostro territorio. La Spiaggia San Pietro è una frazione la cui economia è molto legata alla stagione estiva ma, a quanto pare, l’amministrazione comunale non ne è a conoscenza. Decidere di svolgere lavori pubblici importanti, come quelli in atto, denota un’attenzione pressoché inesistente verso chi vive di ciò. Siamo vittime di cantieri in piena attività con la conseguenza di non poterci presentare agli occhi dei turisti come una realtà operativa al 100%. Chi amministra Ischia deve essere capace di programmare ed eseguire i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria per tempo. Le amministrazioni dovrebbero assumersi la responsabilità sacrificando di fatto il tornaconto personale. Alcuni incroci dovrebbero essere in parte pedonalizzati. Le panchine sono come le bandiere rosse? Alcune inglobate nel fiume di tavolini. Quindi, anche quelle, miserelle privatizzazioni. Spazi privati. Spazi pubblici.

Qualche panchina ignorata, un po’ imbrattata. Tavolini dovunque pompano reddito per ischia. Sedie impilate nelle poche ore in cui non lavorano. Magazzini all’aperto infilati pure nella prospettiva di una piazza. Si fondono l’antico e il postmoderno. Un ragionamento serpentino, difficilissimo sul futuro di Ischia: rendere storica la ricchezza privata e insieme la sapienza pubblica. Stare non fa sempre rima con consumare. Sedere non lo fa con bere. È un ragionamento che speriamo non vada di traverso a chi amministra l’isola. Vale da sempre e per sempre. Si gonfia ora tra idee e guai con cui i governanti locali (e i loro oppositori) devono fare i conti. Tutto si tiene. O la riflessione e le manovre sono complessive, collegate, o si rischia una tombola capitombolo. I tavolini privati hanno un futuro sempre più radioso se attorno si riesce a costruire un sistema di spazi pubblici. Mangificio non è un insulto snob. Può essere la più grande impresa locale. Spritz e taglierini hanno conquistato l’isola. La aristocratica Ischia piange invasioni. Ischia, il collettivismo alimentare, lancia le piccole imprese.

Abbiamo preteso di risolvere la mobilità con la viabilità per rimediare al massacro urbanistico. Ora rischiamo di essere il simbolo di una cultura amministrativa che dopo decenni punta e arranca nel confronto. Cambiare e migliorare le strade al fine di moderare la velocità. Aumentare la sicurezza di tutti gli utenti e promuovere la mobilità sostenibile. Ischia può essere anche un piano di trasformazione progressiva dello spazio pubblico. Messa in sicurezza di strade, incroci e attraversamenti. Trasporto pubblico.

Piazze pedonali. Riqualificazione dei marciapiedi. Grandi menti parlano di idee. Menti mediocri parlano di fatti. Menti piccole parlano di persone. Dice un vecchio adagio : “ognuno dal proprio cuor l’altrui misura” Il banco di prova più difficile, che non ha nulla a che fare con l’essere credenti, è quando Papa Francesco auspica che non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”. Difficile. Ma non più rinviabile in mondo globalizzato solo per il dio danaro e a parole. Sperando che comportamenti silenziosi cambino in meglio la vita della comunità in un isola che, più che bisogno di crescere, ha semmai necessità di redistribuire, curare. Riparare. Nel mentre, tonnellate di rifiuti e materiali sprecati, così come la intossicante presenza di cemento e costruzioni abbandonate, sono lì a testimoniarci il danno che la follia del mantra produttivista dello sviluppo ad ogni costo ha creato. L’isola ha sempre avuto il gusto di essere accogliente e protettiva per tutti, ad iniziare dal forestiero. Humanitas e dignitas fanno tanto parte di essa. Le panchine altro non sono che i corridoi di questa casa comune, luoghi di comunanza. Accoglienti, in vari tratti non proprio pubblici. Proprietà dei tavolini dei privati che possiedono gli affacci. Mettiamoci il becco. Spazi pubblici. Luoghi di proprietà pubblica.

di Antimo Puca

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