ELEZIONI SERRARESI. DI VINCENZO ACUNTO

Oggi a Serrara si vota, i seggi sono aperti e la gente si sta recando a scegliere non tra Cesare e Irene ma tra Cesare e Caruso. Ho riflettuto molto su questa personalizzazione che viene fuori dalla piazza e della quale ho più volte scritto e che, indubbiamente, favorisce Cesare Mattera la cui familiarità (o, se vogliamo, miglior gradimento o vicinanza) è desumibile anche dal fatto che viene caratterizzato col nome di battesimo mentre l’altro col cognome.

Se a ciò si aggiunge la violenza mediatica che, fino all’ultimo momento, ha seguito e sostenuto una parte in campo e che, colpevolmente, si è fatta in essa avvolgere, non è necessario essere indovini per pronosticare l’esito finale. L’elettore, a parte qualche sciocco che ama ridere per battute vuote e ritrite (“Le mani su Serrara” – “Raustella, Luigione,Acunto e Umberto il vecchiume che ritorna” – “fango su Irene” che si sente offesa anche le si dice che è affascinante), medita su certi comportamenti e alla fine trae le conclusioni. A tanti non è sfuggito l’accerchiamento familiare che si è manifestato attorno a Irene Iacono nel corso dell’intera campagna elettorale. Mai nella storia di Serrara (nemmeno ai tempi di Pietro Carlo o di Zunta che pur avevano vicino donne ingombranti) una moglie si è proposta con un atteggiamento così pubblicamente invasivo delle attività politiche del marito.  A tanti non è sfuggita la determinazione, l’interesse, l’accanimento e la partecipazione manifestata dall’avvocato “Filomena Mattera” -moglie di Rosario Caruso- lasciata indenne dal portavoce (e classificatore dei comportamenti e del pensiero altrui) del gruppo di Caruso.

Mentre la cugina con lo stesso nome, (nonostante il curriculum, la pacatezza caratteriale, lucidità di sintesi e garbo espositivo) per essersi candidata con l’altro schieramento è  stata spesso aggettivata, con senso spregiativo, col soprannome di un suo avo, ereditato dal padre della stessa che negli ultimi 8 anni di amministrazione di Rosario Caruso è stato il suo comandante dei vigili che ha sempre risposto “sugli attenti” agli ordini del capo, al quale tante, troppe, volte ha tolto “le castagne dal fuoco”. Pur se non raccolte alla falanga!! E nell’ansia della prestazione “acquisitiva del potere”, stimolato da due motori di ricerca (di cui uno noto per far perdere i suoi sostenuti), Rosario Caruso ha commesso errori a cappellate che, pur se anticipatigli, ha caparbiamente trascurato intravedendo in ogni consiglio o ragionamento diverso da suo un avversario o meglio un nemico. Chi ha sentito le denunce pubbliche relative all’archivio personale delle pratiche edilizie e della borsetta della consigliera comunale, fatta chiudere nel bagno, penso sia rimasto esterrefatto e si è concentrato più sul carattere della persona che sulle sue capacità di amministratore. Traendone il convincimento che, un carattere così enigmatico come quello sintetizzato nel sorriso della foto, è meglio se fa un poco di panchina piuttosto che tornare nella stanza del potere. Cesare Mattera si è riproposto agli elettori nella sua “disarmante nudità culturale”. Ha avuto, come al solito (e lo scrivo per esperienza diretta) la capacità e la furbizia di trasformare, nell’ambito territoriale che lo vede protagonista, la sua pochezza in merito. Modulando i suoi interventi, con sincronia teatrale, in relazione all’uditorato che ha di fronte, è riuscito ancora una volta, con sorprendente furbizia, a saltare gli ostacoli, accompagnato dai cortigiani dell’ultima ora. E poiché le sue gaffe fanno tenerezza, egli suscita simpatia che, come tutti sanno, è fortemente contagiosa nelle competizioni elettorali. Ove, per usare un’espressione in voga, “uno vale uno”. Gaffe che sono talmente simpatiche che ho deciso di scrivere (anche perché so che non mi metterà il broncio) un raccontino su “Cesare gaffeur in fascia tricolore”. Sono sicuro che ne verrà fuori un componimento esilarante. Riporto qui, al solo scopo di rendere leggero ciò che altri hanno appesantito, l’ultima gaffe cesarina tratta dal comizio sulla piazza di Fontana. Si applica a spiegare, a modo suo, la rottura con Caruso e dice: “Già da tempo mi ero accorto che c’era qualcosa che non andava e vedevo che strusciava sotto banco come il serpente -n.d.r. accompagnando le parole con il gesto del braccio che ricalca le movenze del rettile-. Non capivo perché si doveva far fuori Aniello, cuscitiello, che a Ischia conosce -ndr testuale- i cazzi di tutti quanti. Ho chiesto il perché e non mi è stato risposto. Io, invece, -ndr tono in crescendo- sono rimasto quello che sono: (aumento di tono) chiaro, trasparente e (pausa, scandendo la parola aggiunge) cri-sta-lli-zza-to”.  E, mentre i suoi candidati, non trattenendo il riso, si schernivano portando la mano sulla bocca, dalla piazza partiva un applauso scrosciante accompagnato dal suono di una trombetta da stadio e da un “bravo” convinto. Così è. Questa è la realtà, c’è poco da dire e, ripeto, non c’è bisogno di indovini per capire come andrà a finire anche se lo svarione all’ultimo momento, con l’intervento sul palco del noto maneggione a ricostruire la storia politica della società “La Torre”, può determinare perdite di consensi. In tanti ricorderanno che la responsabilità politica di quell’obbrobrio societario, porta, inesorabilmente, a Cesare Mattera, all’epoca (ancora imbambolato per la fascia conquistata e per l’ode declamatagli) “utile idiota” nelle mani del maneggione e di un altro esperto di finanza creativa, che, prestò il consenso nonostante fosse allarmato dalla minoranza per quanto poi è accaduto. Questo dicono gli atti e non altro. Chi era al freddo a seguire la chiusura della campagna elettorale, non si è spiegato quell’intervento di supponenza finanziaria e giuridica che è apparso strano e poco comprensibile se non nell’ottica di sottrarre tempo ad altri candidati e di lanciare un salvagente all’altra parte ove è pur sempre candidata un’altra parte (importante) di quella minoranza che l’interventore maneggione ha guidato per 5 anni. Tanto è vero che il maneggione sfruculea il pubblico ministero parlando di bancarotta fraudolenta i cui effetti si riverberebbero, in modo devastante, nell’ambiente che gli ha consentito il dire. Il tempo purtroppo è andato e il mio auspicio affinchè i due ritrovassero la strada per stare ancora insieme, nell’interesse del paese, è andato a farsi friggere e tirando le somme vien fuori che la fretta di Caruso “and lady”, nello scegliere il candidato sindaco, il portavoce, il presentatore e i componenti la squadra, è stata troppa e, come si suol dire, “la gatta farà i micini ciechi”.

L’unica curiosità che mi resta è quella di individuare il quarto componente la minoranza in quanto i primi tre sono già certi e, considerando che le preferenze che la Irene può orientare sono poche, le sorprese potrebbero essere imbarazzanti.  acuntovi@libero

 

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