“La politica di tutela del territorio continua a destinare ancora la gran parte delle risorse disponibili, che restano comunque scarse, all’emergenza, anziché ad una effettiva opera di prevenzione”. Lo rileva la Corte dei Conti a proposito della gestione degli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico dal 2010 e dell’avanzamento “di plurimi programmi attivati, agli stessi fini, nel decennio 1998-2008” dal ministero dell’Ambiente. La relazione indica “evidenti criticità sistemiche” e i giudici amministrativi suggeriscono “il superamento di una politica centrata sull’emergenza” e l’abbandono della “frammentazione e della parcellizzazione delle risorse”; la ridefinizione di una governance degli interventi, maggiormente semplificata e trasparente, per evitare conflittualità tra strutture commissariali e apparati regionali; la riorganizzazione del sistema di controllo e monitoraggio degli interventi, la prosecuzione nell’azione di impulso alla funzione di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri nella materia del dissesto idrogeologico” su cui è stata istituita un’apposita Struttura di missione, di valutare “l’opportunità di escludere dai vincoli del patto di stabilità interno le spese sostenute dagli enti territoriali per interventi di messa in sicurezza, manutenzione e consolidamento di territori esposti a eventi calamitosi, nonché per interventi strutturali finalizzati ad agevolare la riduzione del rischio sismico, idraulico e idrogeologico”