Una vita vissuta in un Ischia arcaica, contadina e genuina. Mio nonno Antonio, un burbero fanciullo dai capelli bianchi. Il carattere forte di mia madre in un ambiente dove a portare i pantaloni era lei tra contadini, pastori e la dura legge del paese. Mia madre è la stessa madre che ci aveva allattato in mezzo ad un campo di grano, all’ombra di un olivo,dopo che aveva smesso di mietere o di legare i fasci di grano, oppure che si era appartata tra un covone e l’altro mentre nell’aia si stava trebbiando. Madre e lavoratrice quando la donna non aveva diritti ne li pretendeva. Una madre contadina quando a Ischia si viveva ancora dei proventi della terra, uva e vino innanzitutto, sacchi d’erba per pecore e conigli, fichi d’India alla stagione da cogliere giù per i dirupi. La vedo nell’insidiosa raccolta dei fichi d’ india, i segni delle spine sulle mani e sulle braccia. Lei non ci faceva caso. Sembrava che il balsamo fosse quel profumo di rosmarino che perennemente portava con se, che accompagnava i suoi passi al ritorno. Mia madre non sorride come usiamo fare oggi. Il suo pudore è evidente. Il suo sguardo è tipico di chi intuisce e non è che sia troppo d’accordo. Guarda diffidente. È poco convinta. Il suo stato d’animo è fin troppo evidente. Impegnata nel suo ruolo di madre, già da una età troppo giovane eppure già consapevole, traspare una certa preoccupazione quando non è capace di sopportare i propri doveri. Guardando i tratti del suo volto, rustico agli occhi dei moderni, i capelli tirati all’indietro senza che sia passata dal parrucchiere, per me che provengo dagli anni cinquanta e sessanta viene spontaneo pensare: è lei che, semplice e innocente, come da un quadro, simile ad un dipinto di un artista,fortuitamente,consegna una icona a rappresentare una generazione, un’ epoca,il territorio da cui proveniamo.