(Adnkronos) – “In questo diverso procedimento – spiega l’accusa nella memoria- proprio a causa della separazione della posizione dell’uomo politico che temeva di essere ucciso da Cosa nostra, ciò che costituisce l’antefatto alla contestata trattativa e, cioè, l’attivismo di Mannino che per le minacce ricevute si rivolge a Bruno Contrada e ad Antonio Subranni, non sempre è stato esplorato in modo compiuto”. I magistrati dell’accusa fanno poi riferimento a una “omessa e contraddittoria motivazione in merito alle dichiarazioni di Liliana Ferraro”, l’ex direttrice degli Affari penali ai tempi di Giovanni Falcone.
E poi, ancora, citano “l’omessa motivazione in merito alla intercettazione della conversazione telefonica del 25 novembre 2011” tra l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino e l’ex consigliere giuridico dell’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano “riguardano alla nomina di Francesco Di Maggio a vicedirettore del Dap”. Puntano anche sulla “illogicità della motivazione e travisamento dei fatti con riferimento alle dichiarazioni rese da Fernanda Contri”. “Se, nel rispetto della legge del 2017 ritenuta conforme ai principi costituzionali, sulla vicenda Mannino è calato il sipario, le censure prospettate dall’accusa rimaste irrisolte non possono che indebolire il peso del giudicato assolutorio in favore di Mannino in questo diverso procedimento a carico degli imputati” di questo processo. E sottolineano che è “doveroso rappresentare anche in questo giudizio le doglianze rimaste senza risposta nel parallelo giudizio con rito abbreviato”.
Nel frattempo, è ripreso nell’udienza di oggi, davanti alla Corte d’assise d’appello di Palermo, la requisitoria della Procura generale, che terminerà la prossima settimana. Oggi, però, a differenza della scorsa udienza, l’ex senatore Marcello Dell’Utri non è presente in aula.