Mafia: pg trattativa, ‘pentito Riggio va creduto, con lui lo Stato vicino ad arresto Provenzano’

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Palermo, 31 mag. (Adnkronos) – “Pietro Riggio, l’ex poliziotto penitenziario, ex infiltrato, e ora collaboratore di giustizia “non era un mafioso ma un abile infiltrato della Dia”. Le sue dichiarazioni “vanno sì valutate con cautela, ma anche con rispetto, non sarebbe corretto mettere da parte tutte le sue dichiarazioni”. Il pentito “va creduto se è vero che il suo rapporto con la Dia di Palermo è stato riscontrato”. Lo ha detto il sostituto procuratore generale di Palermo Giuseppe Fici durante la requisitoria del processo d’appello della trattativa tra Stato e mafia che si celebra davanti alla Corte d’assise d’appello di Palermo. Imputati di minaccia a Corpo politico dello Stato sono gli ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno e l’ex capo del Ros Antonio Subranni, l’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà e il pentito Giovanni Brusca. Gli imputati, tranne Brusca per cui fu dichiarata la prescrizione, sono stati condannati a pene pesantissime. La Corte d’Assise d’appello ha, invece, dichiarato prescritto il reato di calunnia contestato a Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito, che in primo grado aveva avuto 8 anni. Secondo i giudici il reato si sarebbe prescritto il 2 aprile 2018, prima dunque della sentenza di primo grado.

“Tra il 2000 e il 2001 “lo Stato, attraverso il collaboratore di giustizia Pietro Riggio è a due passi dal latitante Provenzano” ma “in autonomia carabinieri Ros e Dia decidono di rinunciare alla ‘talpa’, sacrificandola, che li avrebbe potuti condurre all’allora boss latitante Bernardo Provenzano”, una “scelta sospetta anche in considerazione del trattamento che i carabinieri hanno riservato a Provenzano”, dice ancora il pg. Riggio, secondo il pg, “va creduto”.”E’ doveroso tenere conto in questa sede processuale del complesso racconto del collaboratore di giustizia Pietro Riggio limitatamente al suo ruolo di confidente del centro Dia di Palermo finalizzata alla cattura di Bernardo Provenzano”. “Un ruolo che non può essere spazzato via solo perché in altre parti le sue dichiarazioni sono state indebolite da un eccesso di rivendicazioni emotive e le opinioni di terzi sembrano tradursi in fatti”, dice ancora il pg Fici.

Per la Procura generale “il narrato di Pietro Riggio è oggettivamente di rilievo nel processo”. “Ma chi è Riggio’ – dice ancora il pg – un appartenente alla Polizia penitenziaria impegnato in politica sia pure a livello locale, un grave ‘infortunio’ gli stravolge l’esistenza. Fece una soffiata al cugino e restò coinvolto nell’operazione antimafia ‘Grande Oriente’. Commise questa leggerezza ed è stato arrestato”. “Poi iniziò a fare l’infiltrato in Cosa nostra per conto dei carabinieri”, dice ancora Fici.