Palermo, 31 mag. (Adnkronos) – Nella sentenza d’appello d’assoluzione dell’ex ministro Calogero Mannino, nel processo stralcio sulla trattativa tra Stato e mafia, “si registra una omessa e contraddittoria motivazione con travisamento dei fatti, con riferimento alla vicenda relativa alle cosiddette indagini su mafia e appalti”. Ne è convinto il sostituto procuratore generale di Palermo Giuseppe Fici che sta proseguendo la requisitoria nel processo principale di secondo grado sulla trattativa tra Stato e mafia. La Procura generale ha anche depositato una memoria lunga 78 pagine per contraddire la sentenza, definitiva, di assoluzione. “La vicenda mafia e appalti – dice il pg – è una vicenda che, del tutto erroneamente con un evidente travisamento dei fatti, la Corte d’appello del processo abbreviato Mannino ha posto al centro delle sue valutazioni, ravvisando addirittura la necessità, interrompendo la discussione, di acquisire d’ufficio una ordinanza di archiviazione del giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta del 15 marzo 2001, relativa a due procedimenti riuniti, l’uno a carico di quattro magistrati della Procura di Palermo, e l’altro a carico dell’imputato Giuseppe De Donno, denunciato per calunnia dal dottor Lo Forte”, l’ex Procuratore aggiunto di Palermo.
“La stessa vicenda è stata invece valutata dalla Corte d’assise nel parallelo processo a carico dei coimputati di Mannino come poco rilevante con riferimento ai fatti oggetto di contestazione in questo procedimento”, dice ancora il pg. L’informativa Mafia Appalti è stata la prima operazione che ha fatto luce sulle connessioni mafioso-politico-imprenditoriali, svolta in Sicilia. Il 20 febbraio 1991 venne depositata dal Ros alla procura di Palermo un’informativa su appalti e servizi pubblici e mafia, documento che venne consegnato a Giovanni Falcone che non potè lavorarci perché era già stato designato al Ministero degli affari penali. Il 25 giugno dello stesso anno la procura di Palermo chiese una misura cautelare sulla base di quella informativa per 7 persone, tutti mafiosi, personaggi che vennero poi rinviati a giudizio ma non vi erano politici. Mentre ‘nei confronti di altri soggetti pur indicati da quella informativa la procura di Palermo richiese l’archiviazione’, come disse Giuseppe Fici durante la requisitoria del processo d’appello a carico dello stesso Mannino. Poi assolto definitivamente dall’accusa di minaccia a corpo politico dello Stato.