Libri: David Diop vince International Booker Prize con “Fratelli d’anima” (2)

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(Adnkronos) – “Fratelli d’anima” è stato ispirato dal silenzio del suo bisnonno senegalese sulle sue esperienze nella prima guerra mondiale. “Questa storia di guerra, amore e follia ha un potere terrificante – ha detto Hughes-Hallet – Noi giurati abbiamo convenuto che la sua prosa incantatoria e la sua visione oscura e brillante hanno suscitato le emozioni necessarie per proclamare la vittoria di Diop”.

Sul fronte occidentale, nelle trincee francesi, tra i soldati bianchi coi loro vistosi calzoni rossi spiccano i fucilieri senegalesi, “i cioccolatini dell’Africa nera”, come li chiama il capitano Armand nel romanzo. Prima di ogni assalto, il capitano non manca di ricordare loro che sono l’orgoglio della Francia, “i piú coraggiosi dei coraggiosi”, un autentico incubo per i nemici che hanno paura dei “negri selvaggi, dei cannibali, degli zulú». I senegalesi ridono contenti. Poi, mettendosi in faccia gli occhi da matto, sbucano fuori dalla trincea con il fucile nella mano sinistra e il machete nella destra. Alfa Ndiaye e Mademba Diop sono amici, fratelli d’anima cresciuti insieme in Africa, lontano dai freddi accampamenti del fronte. Quando in trincea risuona il colpo di fischietto del capitano, escono anche loro dal buco urlando come selvaggi indemoniati per non apparire meno coraggiosi degli altri. Un giorno, però, Mademba Diop viene ferito mortalmente e, con le budella all’aria, chiede per tre volte ad Alfa di dargli il colpo di grazia. Per tre volte Alfa si rifiuta e, dopo una lunga e atroce agonia, Mademba muore. La morte dell’amico consegna Alfa all’impensabile, a tutto ciò che gli antenati e il mondo di ieri avrebbero proibito e che invece la grande carneficina della guerra moderna concede. A ogni fischio di chiamata del capitano Armand, Alfa si precipita fuori dalla trincea e corre verso i «nemici dagli occhi azzurri», uccidendo senza pietà e tagliando alle sue vittime una mano come trofeo di guerra. Una, due, tre, quattro… otto mani. Come un demone, uno stregone, un divoratore di anime, che soltanto una voce del mondo di ieri potrebbe salvare.