Roma, 10 ott. (Adnkronos) – “Ben venga l’introduzione del valore di mercato” nell’ambito della riforma del catasto “passando, ad esempio, da una modalità di tassazione desueta in base ai vani a quella più attuale in base ai metri quadrati, ma se si vuole davvero raggiungere l’obiettivo ‘equità’ è importante che non venga perso di vista il tema evasione fiscale” : “il più grande rischio da evitare è che ancora una volta ci si limiti a rivedere le regole del gioco soltanto per coloro che hanno già immobili accatastati e che quindi, in qualche misura, sono già dei contribuenti. Fondamentale è infatti cogliere l’opportunità di questa riforma per affrontare il colossale capitolo dei molti ‘escamotage’ adottati da migliaia di italiani per sottrarsi indebitamente alla tassazione”. A sottolinearlo è il Centro Studi Enti Locali (Csel) in un rapporto elaborato per l’Adnkronos sul tema della riforma del catasto prevista dal disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale, varato dal Governo il 5 ottobre scorso. Una legge delega, che, ricorda il Csel, per sua natura, si limita a dettare i principi e i criteri in base ai quali saranno costruiti i veri e propri testi normativi e non dà quindi, di per sé, un quadro esaustivo delle specifiche misure che saranno adottate per ognuno dei (molti, in questo caso) aspetti trattati.
L’unico passaggio in cui si fa menzione della revisione del catasto, rileva il Csel, “è l’articolo 7 che, ove fosse confermata l’attuale impostazione, si limita a stabilire che dovranno essere adottati dei decreti legislativi che modifichino il nostro attuale sistema di rilevazione catastale così da modernizzare gli strumenti di individuazione e controllo delle consistenze dei terreni e dei fabbricati, secondo determinati criteri e principi direttivi. L’obiettivo dichiarato è quello di mettere a disposizione dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, strumenti che portino a stanare eventuali immobili abusivi o a correggere il classamento attribuito erroneamente a certe proprietà (esempio terreni edificabili accatastati come agricoli).
Il nuovo catasto dei fabbricati, che dovrebbe vedere la luce a partire dal primo gennaio 2026, rileva Csel, dovrà far sì che ad ogni unità immobiliare sia associata, non solo una rendita catastale, ma anche – così come negli altri Paese Ue – il relativo valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base (possibilmente) ai valori normali espressi dal mercato. Questi valori dovranno essere aggiornati periodicamente, secondo meccanismi ancora da definire. Sono poi previste delle speciali riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario per gli edifici di interesse storico-artistico per compensare i pesanti vincoli e costi di manutenzione e conservazione che gravano sui loro proprietari. Infine, viene stabilito che le informazioni così ricavate ‘non siano utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi la cui applicazione si fonda sulle risultanze catastali’.
Di fatto, quindi, rileva il Csel, si stabilisce che il valore di mercato servirà solo a fini indicativi e che le tasse non subiranno variazioni automatiche, una volta varato il ‘nuovo catasto’. L’allarmismo sul fatto che la revisione del catasto sottenda una patrimoniale, ad oggi, sottolinea il Centro Studi, “si basa quindi solo sull’ipotesi che un futuro Governa faccia degli ulteriori passi avanti che, allo stato attuale, non sono stati disciplinati”.
La determinazione delle rendite attuali risale alla Legge 589/1939. Negli ultimi decenni, ricorda il Csel, “è stata più volte invocata la necessità di riformare questo meccanismo che si è dimostrato incapace di adattarsi agli importanti mutamenti del settore ed ha fatto sì che si siano create e stratificate negli anni profonde iniquità. La cronaca ci ha più volte raccontato di immobili di enorme valore, collocati in zone centralissime delle nostre principali città, che avevano rendite catastali (attribuite nella notte dei tempi), che risultavano essere inferiori a quelle di nuovi modesti appartamenti in quartieri periferici”.
Volendo quindi dare per buona l’ipotesi che dopo il 2026, il reale valore di mercato degli immobili sarà agganciato alla tassazione, sottolinea il Csel, “è impreciso sostenere, ad oggi, che questo implicherebbe aumenti automatici per tutti. Potrebbe sicuramente generare aumenti per i proprietari di case il cui valore risultava essere profondamente ‘sottostimato’ sulla base della rendita catastale, ma potrebbe viceversa contrarsi per chi ha in passato pagato più di quanto avrebbe dovuto, per immobili collocati in aree che non sono particolarmente appetibili sul mercato. E’ bene ricordare, inoltre, che gli eventuali prelievi riguarderebbero soltanto le seconde case, gli appartamenti di lusso, i castelli e le ville, posto che – ad oggi ‘ le uniche prime case soggette ad Imu sono quelle appartenenti alle categorie A/1, A/8, A/9”. Il più grande rischio da evitare, quindi, secondo Centro Studi Enti Locali, “è che ancora una volta ci si limiti a rivedere le regole del gioco soltanto per coloro che hanno già immobili accatastati e che quindi, in qualche misura, sono già dei contribuenti. Fondamentale è infatti cogliere l’opportunità di questa riforma per affrontare il colossale capitolo dei molti ‘escamotage’ adottati da migliaia di italiani per sottrarsi indebitamente alla tassazione”.