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SERRARA FONTANA. CONSIDERAZIONI DI POLITICA LOCALE. DI VINCENZO ACUNTO

Domenica scorsa, un amico che mai ha condiviso con me impegni politici o sociali, dandomi un
passaggio in auto, evasi i convenevoli di rito, col suo aplomb leggermente snob, mi chiese “che ne
pensi dell’attuale amministrazione serrarese e del sindaco Irene Iacono?”

Considerando il suo noto
disappunto ideologico, replicai “Lo scrissi prima delle elezioni. Non serve ripetersi”. Aggiunse “io
noto che il paese è in stato di abbandono e ognuno fa quello che vuole.” Ed io, che ti devo dire “se
il popolo ha scelto così, bisogna rispettare la decisione”; “per potersi lamentare bisogna aver,
prima, detto qualcosa. Oramai i buoi sono fuor di stalla e non serve recriminare”. Giunto al
traguardo scesi e, nel percorso podistico successivo, la domanda “cosa pensi del sindaco Irene
Iacono”, purtroppo, mi ritornava con insistenza e con essa anche la curiosità del perché non
avessi, da questa finestra, mai commentato, ad un anno dall’insediamento, il percorso politico del
primo sindaco donna del mio paese che, mi è stato riferito da un suo sostenitore, ogni domenica
apre questa pagina alla ricerca di un possibile mio commento sull’operato della sua giunta. Non la
deludo ulteriormente mantenendo ben distinta la persona (ineccepibile, garbata e signorile) dal
ruolo, anche se ritengo che un commento può essere di un facere e non del nulla. Per cui
l’intervento potrebbe finire qui in quanto, ad oggi, dell’azione amministrativa di Irene Iacono, non
c’è nulla che risalti, pur volendo considerare l’annuncio roboante di ieri, per fatti di tempo
addietro ed in minima parte anche suoi, che nella scala delle priorità vengono sicuramente dopo di
emergenze gravi in aree che assicurano gettito finanziario all’Ente. Da dire, in verità, ci sarebbero
parecchie cose che riposano nella disattenzione che anch’ Ella, come sindaco, perpetua verso
S.Angelo. Una disattenzione genetica degli amministratori serraresi che, per essere compresa,
richiederebbe la chiamata al dibattito dei meno giovani che, oltre a confermare la difficoltà
“storica” ad amministrare un territorio disomogeneo, come quello di Serrara Fontana (che resta
uno dei pochi in Italia i cui abitanti per raggiungere la sede del municipio, devono attraversare un
altro comune-Forio), attesterebbero lo storico scollamento sociale esistente tra gli abitanti delle
frazioni alte e quelli di S.Angelo che, vicendevolmente, mai si sono sentiti uniti. Logica avrebbe
voluto che con la ripartizione territoriale fatta nel 1945 (che da sette ridusse a sei le municipalità
ischitane riunite per decreto nel 1938), come la municipalità di Testaccio fu unita a Barano,
S.Angelo fosse accorpata a Forio, comune con il quale aveva maggiori assonanze territoriali e
interessi di frequentazione (basti ricordare che fu un foriano Francesco Regine, consigliere
provinciale, a metà degli anni 50, a far realizzare la strada che da Panza porta a S.Angelo,
togliendola dall’isolamento).

Fu, invece, lasciata accorpata a Serrara Fontana che, stranamente, è
l’unica municipalità isolana ad avere nel suo toponimo i nomi di due frazioni. Circostanza che la
dice lunga dei maneggi che al tempo furono messi in atto visto che la legge imponeva che il nome
al Comune lo dava la frazione più popolosa (Serrara). Dalla maggioranza popolare che determinava
il consiglio comunale, S.Angelo era vista come una “suppellettile inutile” che, per la povertà dei
tempi, imponeva agli amministratori solo disagi e spese (visto che gli introiti tributari erano
inesistenti). S.Angelo incominciò a divenire “comunità” per la lungimiranza di un prete, che
rendendo disponibile la sua proprietà consentì al popolo di costruire la chiesa e poi il cimitero, e di
una famiglia del posto che si industriò nel commercio del vino.

Tre fratelli (Amilcare, Giovanni e
Amedeo Iacono) si trasferirono a Piombino ove aprirono una rivendita che era rifornita da un altro
fratello (Giuseppe) esperto marinaio e proprietario di una barca a vela con la quale trasportava il
prodotto da S.Angelo in Toscana. In poco tempo i terranei dei fabbricati che circondavano la piazza
(la stessa di oggi), da ricoveri di masserizie e poveri attrezzi di pesca, si trasformarono in siti di
stoccaggio del vino che i contadini di Serrara e di Fontana con i loro muli trasportavano a S.Angelo
per la vendita. Con la realizzazione del cimitero fu dismesso, per i santangiolesi, l’obbligo di
trasportare i morti al cimitero di Serrara per il pendio di Ruffano. Quando ero ragazzino gli anziani
raccontavano che i portantini, per l’accidentalità del percorso e forse anche per il peso del
defunto, in più occasioni gli era scappata di spalla la bara precipitando in una cava ove venivano
lasciati e che per tale motivo prese il nome di “cava santa”. Il commercio del vino prima e
l’esplosione al turismo negli anni 60, oltre a segnare la definitiva trasformazione/evoluzione

economica e sociale della “suppellettile fastidiosa”, era vista dagli abitanti delle frazioni alte come
una “indebita usurpazione di status” e dagli amministratori come un aumento del fastidio per i
crescenti impegni amministrativi che la mutata condizione della frazione richiedeva. Le circostanze
contribuirono, non poco, ad aumentare il divario considerativo tra le diverse frazioni già segnato
dalla disomogeneità del territorio e dagli interessi in campo. A segnare l’acrimonia esistente potrei
citare tanti commenti che sia nelle frazioni alte che a S.Angelo si potevano ascoltare. A risaltare i
“distinguo”, ricordo che, più di una generazione (compresa la mia), quando si chiedeva il luogo di
nascita, nessuno riferiva quello del comune ma della frazione in cui si era nati. Insegnanti compresi
che a tanto ci indottrinavano. I sindaci che nel tempo della mia vita si sono succeduti (quasi tutti
delle frazioni alte) non erano da meno. Ricordo che Pietro Carlo Mattera pativa molto la frazione
(giunse addirittura a sopprimere il cimitero), pur avendo beneficiato professionalmente ed
economicamente dello sviluppo edilizio di S.Angelo tra la fine degli anni 50 e gli anni 60. Ricordo
che nel 1977 Arturo Trofa, di fronte alle difficoltà economiche di raccogliere i rifiuti a S.Angelo (che
da quell’anno, grazie alla legge Merli, non si potevano più sversare a mare) più volte ebbe a dire di
voler “cedere” S.Angelo a Forio affinché l’amministrazione avesse meno problemi. Anche perché i
santangiolesi di allora (non i surrogati di oggi) che approdavano in consiglio comunale diventavano
sempre più autonomi e pretenziosi sia per responsabilità amministrative che per investimenti
pubblici sul territorio. Poi giunsero i tempi “bui” dei faccendieri che hanno portato, un po’
ovunque, all’impoverimento culturale e sociale del paese che si è sostanzialmente spento.
Restando a S.Angelo, ricordo che, fino agli anni 90, nonostante l’emigrazione pesante degli anni
50, il paese era interamente vissuto. Sia d’inverno che d’estate. Le case erano tutte abitate da
famiglie numerose e i figli maschi mettevano su famiglia continuando, in prevalenza, ad abitare in
loco. Il lavoro della pesca e dell’agricoltura s’era incrementato con quello ricettivo turistico.
S.Angelo era diventato un alveare produttivo con alberghi e case ricettive sparse su tutto il
territorio. Aveva un ufficio postale, uno sportello bancario, un forno, 4 botteghe alimentari, una
lavanderia, 8 bar, diversi ristoranti, tre uffici di polizia giudiziaria (la marina militare, la guardia di
finanza e stagionalmente i carabinieri) oltre la vigilanza municipale. A. S.Angelo tutti i giorni (nel
periodo estivo) trovavano lavoro sia le persone del posto che circa duecento persone tra serraresi,
fontanesi e foriani. Oggi, le case dei locali si sono svuotate, parecchi commerci sono chiusi, la
posta è stata chiusa come pure lo sportello bancario. Le scuole elementari, che tante generazioni
hanno frequentato vedendo nascere medici, notai, avvocati, ingegneri, architetti, professori,
maestri etc. etc., sono state soppresse. Da ultimo, per venire al sindaco in carica (incolpevole del
depauperamento sociale poiché di fresca nomina), S.Angelo è stata espropriata anche del seggio
elettorale. Lo storico seggio n.3 (che ha girovagato per tanti immobili del paese – almeno 😎 è
stato spostato al plesso scolastico di Serrara, con la conseguenza che i santangiolesi non vanno più
nemmeno a votare. Se a ciò si aggiunge che i trasporti sono tutti affidati a “non santangiolesi”
come pure “il porto” e “il parcheggio municipale”, possiamo comprendere come il paese sia
passato dall’alveare produttivo che era, ad un sito noto agli uffici giudiziari che si interessano di
fallimenti o di aste giudiziarie. E, poiché appare essere ritornata ad essere la “suppellettile
fastidiosa” la si lascia usare come un “bancomat” in uso a pochi “eletti” che lo frequentano
d’estate per riscuotere da attività non sempre regolari. Per cui, non risultando che in questo primo
anno di sindacatura Irene Iacono abbia fatto, per azione diretta, qualcosa di commendevole,
ritenendo che, per una certa metrica valutativa (che ahimè non mi appartiene), possono essere
considerate trascurabili sia la inagibilità della stradina della Madonnella che il possibile crollo a
mare del piazzale di Cava Grado (che riporterebbe S.Angelo all’isolamento territoriale del secolo
scorso), non penso che si possono muovere rimproveri ad una Sindaca che, “assumendosi pesanti
responsabilità”, è riuscita anche a far svolgere la “festa di S. Michele”.

Per cui mio caro
trasportatore domenicale non stare a pensare che il paese è in abbandono in quanto l’isolamento
non è lontano. acuntovi@libero.it

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