SETTEMBRE 2022, IL MESE PER RINASCERE O MORIRE. DI VINCENZO ACUNTO

Romolo, imperatore di Roma, nel 753 a.C., istituendo il primo calendario diede, al mese in corso, il
nome di “September” essendo il settimo mese dell’anno. Numa Pompilio, II Re di Roma, nel 713
a.C., aggiunse i mesi di gennaio e febbraio e, pur essendo divenuto il nono mese, conservò il nome
originario.

Caligola, il folle, gli cambiò nome in “Germanico” in onore del padre che si chiamava così.
Ricordiamo ancora che lo stesso Caligola, oltre a nutrire un grande disprezzo per le istituzioni era
pervaso da una forte divinizzazione della sua persona e credendo molto alle conseguenze dei gesti
nello stesso mese “germanico-september” dell’anno 41 a.C., nominò il suo cavallo “Incitato” quale
senatore del regno. Poiché gli “incitati” sono ancora tanti nelle nostre istituzioni, qualcuno di essi,
come Caligola, è terrorizzato dal fatto che qualche evento a divenire potrebbe riconsegnarlo alla
quadrupedia. Settembre, mese che adoro, annovera in esso date importanti da ricordare: il 4
“giornata internazionale del benessere sessuale”; il 15 “giornata internazionale della democrazia”; il
23 “giornata internazionale contro lo sfruttamento sessuale e la tratta delle donne”; il 25 “Giornata
mondiale dei sogni”; il 27 “giornata mondiale del turismo”; il 29 S. Michele patrono del mio paese
che i santangiolesi festeggiano in modo strepitoso. Annovera anche eventi storici e tragici come: il
3 che ricorda l’assassinio a Palermo del generale Dalla Chiesa e della moglie; il 7 l’ingresso a Napoli
di Garibaldi o l’11 che ricorda gli attentati alle torri gemelle in America. In Italia 25 prossimo, S.
Rosalia, sarà ricordato come il giorno delle elezioni che potrebbero cambiare il corso della storia
repubblicana del nostro paese. E’ la prima volta, infatti, che, dall’avvento della Costituzione si vota,
alla camera, per 400 deputati (non 630) e, al senato per 200 senatori (non 315); a seguito di un
referendum voluto dai 5 stelle, per il quale votai contro essendomi interrogato sul perché i legislatori
costituzionali (che pur avevano previsto la loro costituzione), in oltre vent’anni, non avevano mai
dato corso all’evento che ha determinato una confusione spaventosa ed una terribile duplicazione
di spese. Interessante è leggere, sull’argomento, i lavori in sede costituente. Per l’isola d’Ischia, uno
dei primi effetti della cosiddetta “riforma grillina”, è che non avrà alcun rappresentante nell’eligendo
parlamento. Se a ciò si aggiunge che, nei circa due anni dalla disposta riforma, non s’è trovato il
tempo per la modifica dei regolamenti parlamentari, il lettore capirà che, per il funzionamento delle
commissioni operative, per i bizantinismi della burocrazia italiana (che continuo a definire la filosofia
degli sfaticati), l’entrata a regime del futuro governo (quale esso sia) avrà tempi, quasi, biblici a fronte
delle necessità che incombono. Che al solo pensarci fanno accapponare la pelle.

E, allora, visto che alle ultime elezioni (2008) gli italiani, in gran parte, votarono di pancia, sulla spinta del “vaffadei” grillino, con i risultati che si sono visti, sarebbe auspicabile che, per l’evento che ci attende, nella
“giornata mondiale dei sogni”, ognuno di noi, indipendentemente dal “se oggi sta bene o male”, si
rendesse conto che, andando a votare, si è partecipi del proprio destino e, non andandoci,
responsabili di quel che poi sarà. In tutti i paesi del mondo l’andare a votare è presentato come un
giorno di festa, in Italia, da qualche decennio a questa parte, è, invece, descritto come un giorno di
malessere. Per chi non lo si dice. Chi ha una certa età non avrà difficoltà a ricordare che quando, in
Italia, la Democrazia Cristiana era il partito guida del paese (che, piace o no, “costruì, dalle macerie
della guerra, lo Stato Italiano” mettendo in campo legislazioni opportune per il mercato del lavoro e
per la famiglia) l’Italia, uscita distrutta dalla guerra, in soli 12 anni seppe rialzarsi, diventando
l’economia più forte del vecchio continente. Chi ha pazienza di andare a sfogliare le recensioni
dell’epoca, leggerà che, nel 1960, la lira fu giudicata “la moneta più stabile d’Europa”. Da quando
invece, in economia, i principi “liberisti” sono stati sostituiti da quelli “statalisti” e la classe dirigente,
da qualche decennio, è costituita dagli allattati al vecchio PC, il chiamare il popolo al voto, va
scongiurato, rimandato o, quanto meno, organizzato in modo scientifico per non avere sorprese
postume. Cerco di spiegarmi, ben conscio della difficoltà per il lettore di seguirmi attraverso il piccolo
schermo telematico, per cui restringo l’argomentare all’ultimo periodo analizzando alcuni episodi.
Elezioni politiche del 2018: il parlamento si sciolse il 27/12/17 e la data delle consultazioni fu fissata
107 giorni dopo il 13 e 14 aprile (periodo primaverile, non di ferie, due giornate). Elezioni del 25
settembre 2022, il parlamento si è sciolto il 21 luglio, la data delle consultazioni è stata fissata 65
giorni dopo (in periodo estivo, di vacanze, in un giorno solo). C’è una spiegazione di una tale
discrepanza atteso che nella storia elettorale italiana mai si erano tenute consultazioni in estate e
mai in un tempo così breve? Io un’idea me la son fatta. Non saprei dire se è sbagliata o no per cui
la sottopongo al lettore. Costituisce dato di fatto che da qualche anno i sondaggi danno il
centrodestra in vantaggio sulla coalizione sinistra il cui serbatoio di consensi, è nella classe impiegatizia (che essendo rientrata dalle ferie sta a casa e va volentieri al seggio) mentre il serbatoio
dei consensi del centrodestra è costituito, in prevalenza, da lavoratori autonomi (le cosiddette partite
IVA) che, nel mese di settembre, quanto meno i fine settimana, fanno ancora qualche giorno di
vacanza e, nella rassegnazione che oramai nulla può cambiare, preferiscono una giornata di relax
piuttosto che andarsi a mettere in fila per votare. Ergo la seconda giornata era auspicabile ed è stata
inutilmente invocata. Confidare sull’astensionismo o sull’impedimento di quella fascia di elettorato,
per una certa area politica (che ha organizzato il meccanismo elettorale), è un espediente di non
poco conto. Consideriamo ancora, sempre nello stesso periodo 2018/2022, altri fatti: la maggioranza
politica uscita dalle elezioni (18) segnava, sia pur di poco, un vantaggio del centro destra.
Correttamente, sotto il profilo della prassi, non dell’opportunità politica, il presidente della Repubblica
chiese al partito di maggioranza relativa, uscito dalle urne, di indicare il premier che fu individuato in
una persona “non eletta” che, però, non riusciva a formare un governo per la mancanza di una
maggioranza parlamentare a sostegno. Furono necessari 47 giorni per formare un governo e solo a
seguito dello “sbracamento” di Salvini che diede l’opportunità di formare il governo cosi detto
“giallo/verde”. Persone che si erano “sputate addosso” per tutta la campagna elettorale si divisero il
potere. Andarono d’accordo poco più di un anno e fu crisi. In cinque anni si sono avute tre crisi di
governo, con le conseguenze che: l’economia, la giustizia, la sicurezza, la sanità, il lavoro, i trasporti
sono andati a “farsi fottere”. Gli italiani, ad una certa ora di sera, temono di uscire di casa per i pericoli
che si rischiano. Le famiglie si sono svuotate dei figli che hanno dovuto “correre” all’estero per trovare
lavoro e benessere e, chi è rimasto, ascolta tutti i giorni informazioni che fanno rabbrividire, ed è
obbligato a pagare tasse sempre più alte. Chiamare gli italiani al voto, chissà perché, non è stato
possibile. Nessuno ha mai dato spiegazioni convincenti. Eppure nei paesi vicini il popolo è stato
chiamato a votare ogni qual volta in parlamento i partiti non manifestavano unione senza che
succedessero sfraceli. Non ci hanno consentito di votare forse perché i sondaggi registravano
spostamenti di consensi verso aree diverse da quelle preferite nei palazzi del potere o in talune
agenzie di rating?

Nel gennaio 2021 il presidente Mattarella, ritenendo di fare cosa buona e giusta,
di fronte ad un’altra e più drammatica crisi, invece di rivolgersi al popolo, tirò fuori, dal cilindro magico,
il già presidente della BCE, prof. Mario Draghi che sia per curricula che per nome incute rispetto.
Soprattutto in un contesto internazionale segnato, in termini di leader politici, da “mezze calzette”.
Non sono mai riuscito a comprendere in virtù di quale magia, in poche settimane dall’avvento di
Mario Draghi, l’Italia, che era già data nel baratro economico, diventò virtuosa e, pur senza che
fosse successo nulla, ci era comunicato che la nostra economia volava etc. etc. etc.- Poi, a febbraio il parlamento rivotò Mattarella che, non so quanto a malincuore, riportò gli scatolini al quirinale ove già si stavano scegliendo le tappezzerie gradite al nuovo inquilino che, “urbi et orbi”, era indicato nel prof. Mario Draghi.

Che, a mal contento, restava incernierato a Palazzo Chigi, in quanto: prima la
guerra, poi la crisi energetica e altre evenienze non gli consentivano di scappare. Alla prima
occasione utile fornitagli, andava al quirinale rimettendo il mandato pur se la maggioranza
parlamentare, in aula, per ben due volte gli avesse assicurato la fiducia. Perché tutto questo? Nel
mio pezzo del 22 luglio scorso, do una mia idea che, sembra, aver trovato conferma negli eventi
successivi. I sondaggi continuano a confermare la forte avanzata del centro destra ed in particolar
modo del partito della signora Meloni, l’unica che, con coerenza e lucidità, non ebbe a votare il
sostegno al governo Draghi (sostenendo l’opportunità di andare al voto) e, con la stessa lucidità al
momento del voto per il quirinale, non esitò a votarlo per quel incarico riconoscendo, al personaggio,
grande capacità e prestigio.

Nell’area politica che si contrappone al centro destra, temendo il risultato
delle urne, tutti i giorni, si sparano palle colorate contro la signora Meloni (pericolo fascista,
antieuropeista o belligerante con la Libia e altre stronzate simili) presentandosi, in un guazzabuglio
dell’uno contro l’altro armati, come sostenitori dell’“agenda Draghi” –quasi che contenesse le tavole
della legge che Mosè innalzò sul monte Sinai. L’idea di contrastare l’immigrazione clandestina dalle
coste africane che porta in Europa persone disperate e malate (è di questi giorni l’allarme dell’OMS
sul rinvenimento nei liquidi delle fogne inglesi e americane del virus della poliomielite appartenenti
ai focolai endemici di malattia ancora esistenti in talune realtà africane) viene infatti presentata come
una dichiarazione di guerra alla Libia. Assurdità a dir poco esilarante. L’idea del contrasto via mare
è impropriamente definito blocco navale mentre andrebbe vista alla stregua di un’ordinanza
sindacale che, per impedire l’accesso ai veicoli in una strada in cui il divieto di transito viene
sistematicamente ignorato, pone un vigile all’accesso di essa che rimanda tutti indietro. La novità
particolare che ha spiazzato tutti (non me) è stato l’endorsement che proprio Mario Draghi ha
lanciato alla leader di FDI (data da tutti come il prossimo primo ministro) dicendo “l’Italia avrà anche questa volta un governo capace ad adottare le misure necessarie. Quale esso sia”. Come si spiega
tutto ciò, considerando che la Meloni fu l’unica a non accettare Draghi a Palazzo Chigi? Argomentare
non è difficile se consideriamo che, come detto prima, la signora Meloni, nell’elezione alla presidenza
della repubblica, fu l’unica a sostenere la candidatura di Mario Draghi; che nel programma elettorale
di FDI è scritto, tra le riforme urgenti di cui l’Italia ha bisogno, l’elezione diretta del capo dello stato
così come avviene in tutti gli altri paesi europei. E, considerando che, stando ai sondaggi, la
maggioranza del centro destra al parlamento sarà considerevole, la modifica costituzionale avrà
tempi brevi all’esito della quale il presidente Mattarella (che già non gradiva la rielezione) dovrebbe
rimettere il suo mandato. E, sarebbe naturale cosa che a succedergli sia Mario Draghi che si
prenderebbe quello che gli era stato promesso nel 2022. Ed ora veniamo all’isola d’Ischia. Per
assurde logiche partitiche, l’isola è senza candidati, pur rappresentando, nel panorama finanziario
italiano e turistico mondiale, un’eccellenza seconda a nessuno. E’ di questi giorni, infatti, che è stata
eletta come l’isola più bella del mondo e le presenze registrate quest’anno lo attestano
(presenze=ricchiezze=gettitto erariale). L’isola aveva un senatore uscente, Domenico De Siano,
fatto fuori senza pietà, dalle file di Forza Italia pur avendo sempre obbedito alle indicazioni di partito,
per dare spazio, nella logica spartitoria del cerchio magico, a candidati lontani dal territorio che nulla
sanno di Napoli o dell’isola d’Ischia.

Avevamo un candidato in pectore nelle file della Lega, nella
persona del sindaco di Forio Francesco De Deo, che da presidente delle isole minori ha lavorato e
ottenuto che il parlamento legiferasse la modifica dell’art. 119 della costituzione i cui effetti positivi
cadranno a pioggia sulle piccole isole negli anni a venire ed al quale, per la stessa logica, sono stati
preferiti soggetti diversi. Tra gli isolani il malessere è palpabile. A quelli che si riconoscono elettori
moderati dico di non perdere la testa votando, per ripicca, in altre aree. Bisogna considerare che,
per veti e contro veti, la sinistra e squassata e non potrà assicurare (peraltro mai l’ha fatto) benessere
all’Italia; che dalle liti a sinistra è nato uno pseudo centro (formato da un supponente Calenda -che
non va d’accordo con nessuno- e dal furbo Renzi) che sembrano il gatto e la volpe che stanno
insieme per fottersi vicendevolmente. Il partito della Meloni (che sino ad oggi non ho mai votato) si
è arricchito di persone di grande spessore culturale, democratico e di esperienza (ne cito qualcuno)
come: Nordio, Tremonti, Pera, Terzi di S.Agata ed è l’unico che presenta un programma chiaro di
cose serie e fattibili. E tra esse emerge anche quella di portare, nel giro di un anno, Draghi al
quirinale. Regoliamoci! acuntovi@libero.it

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