CARA VIA DE RIVAZ TI SCRIVO…! LE STORIE DI SANDRA MALATESTA

Scendendo il Corso Vittoria Colonna alla fine della discesa di San Pietro si incontrano sulla desta, tre strade che portano al mare. Via Venanzio Marone, Via De Rivaz, Via Francesco Buonocore. Queste strade hanno poi delle traverse che sono, la prima e la seconda traversa De Rivaz e Via Bighelli. In queste strade e in questi vicoli ho vissuto fino a quasi 18 anni. Sono nata a Via De Rivaz, una strada che poi non ho più dimenticato.

A quel tempo le donne partorivano in casa aiutate da amiche esperte e da un’ostetrica, mentre se c’erano altri bambini venivano mandati da parenti, o restavano in una stanza con il papà. Sono nata in inverno vicino al mare ma in una giornata di sole. Quando nasceva una bimba dopo poco, una volta lavata e vestita, l’ostetrica (chiamata levatrice) con un ago e cotone bianco faceva i buchi alle orecchie, lasciando poi quel filo fermato ad anello per qualche giorno per poi mettere al suo posto degli orecchini. Mio padre quando vide quell’ago, non volle assolutamente che mi bucassero i lobi e io non finirò mai di ringraziarlo. Cosi fece con le mie sorelle. Lui diceva che ogni bambina crescendo, avrebbe poi scelto se fare o no i buchi ai lobi delle orecchie. Io non li ho mai fatti perché non amo gli orecchini. Cosi nei carrozzini enormi con ruote grandi, si vedevano bambine neonate con orecchini d’oro in bella vista. Mia madre mi raccontava che quando nacqui c’era vento di terra freddo che puliva l’aria e asciugava presto i panni perché il sole splendeva limpido. A Via De Rivaz c’era la casa di nonna dove praticamente siamo nati in tanti cugini e dove trascorrevamo le nostre giornate abitando tutti li intorno. Cara Via De Rivaz, io da sempre parlo di te e non con nostalgia, ma con la consapevolezza di chi sa di amare qualcosa o qualcuno. Fin da bambina mi hai accolta e quel canalone sembrava che avesse due braccia con un vuoto in mezzo in cui rifugiarmi. All’inizio del canalone in inverno stagnava tanta acqua e si formava il pantano, croce dei nostri genitori e delizia per noi bambini che giocavamo sempre li intorno sporcandoci spesso di fango. Quello che mi ha dato sicurezza fin da piccola, non è stato solo l’amore della mia famiglia, ma il sapere di giocare dove ero protetta. Non c’erano macchine o motorini e, mentre le mamme finivano di fare la cucina (così si diceva quando si lavavano i piatti) tutti i bambini uscivano. I grandi guardavano i piccoli e le nonne e i nonni seduti sulle sedie portate da casa (non c’erano le panchine) facevano la loro parte. A quel tempo I nonni restavano nelle case curati e assistiti quasi come un patrimonio da difendere. Nonni magari dell’età che io oggi già a riposo e senza pensieri. I nostri genitori ci dicevano di ascoltare i nonni e le nonne e non solo i nostri. Cosi già da bambina io sapevo di dover rispettare le persone anziane e di ubbidire. Se uno di loro diceva “Stasera ce dic a patt” subito stavamo fermi per paura. Cosi io avevo tante mamme, tanti papà, tante nonne, tanti nonni e così tutti i bambini dei nostri vicoli. Ci conoscevamo tutti uno ad uno e ci volevamo un bene che ha creato tra noi una catena robusta elastica che non si spezza ma che ci tiene uniti sempre. Sandra, si io sono Sandra, chiamata spesso Sandrulella, da mamma e da tante sue amiche. E io ero così felice e giocavo lanciando il pallone da un marciapiedi all’altro, o a corsa fino alla fontana, o a nascondino magari entrando nelle case di Concetta e Memena e mettendomi sotto al letto mentre loro, in piedi sulla porta guardavano fuori e in silenzio dicevano “Non t movr..”oppure: “Esci mo..esci mo..corri a fare trentuno salva tutti”. Voi tutti che leggete capite che io ero in un mondo fatato? Capite che scrivendo le lacrime scorrono dolci senza fare rumore quasi a schiarire i miei occhi per continuare a scrivere? Che passare tornando da scuola e sentirmi chiamare “Sandra porta queste frittelle a mamma sono calde calde” e che tenere quel piatto profumato stretto come un tesoro, mi faceva sperare di finire presto il primo e il secondo per assaggiar le frittelle?

Continuerò a raccontare dei nostri vicoli. Grazie per quanto affetto mi state dando. Siete la mia gente, siete parte di me…

Sandra

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