FINALMENTE E’ FINITA. DI VINCENZO ACUNTO

Nel tardo pomeriggio di lunedì 4 ottobre, finalmente, si è conclusa la campagna elettorale di Serrara. Irene
Iacono è il nuovo sindaco del paese e ad essa ed alla sua squadra si augura un buon lavoro.


Il primo dato emerso dai risultati è che, degli elettori ammessi al voto, circa mille non sono andati a votare
e questo risalta parecchio in un piccolo centro in cui, da sempre, i cittadini sentono molto la contesa.
Il secondo è che, per la prima volta nella storia elettorale del paese, la frazione S.Angelo (la più importante
del comune) è la meno rappresentata (2 in maggioranza e nessuno in minoranza) e la dice lunga se si
considera che in un consiglio di 12: nel 1996 erano 7; nel 2001 erano 6, per poi scemare nei rivoli
dell’inconsistenza e, visti i numeri finali, se non ci fosse stata la “rottura” tra Caruso e Cesare, la frazione
non avrebbe avuto nessun rappresentante. Il risultato finale, da tanti anelato e per tanti (tra cui chi scrive)
inaspettato (deviato, principalmente, dalle forti perplessità manifestate da Rosario Caruso) premia un certo
modo (artigianale quanto produttivo) di fare la politica locale, relegando nell’angolo la, tanta, supponenza e
spocchiosità della controparte e con esse, finalmente, quel “macchiettismo istituzionale” che da vent’anni
costituiva uno degli elementi caratterizzanti il paese. Detraendo da esso l’azione drenante dell’ultimo
periodo di Rosario Caruso e di cui ho più volte scritto. Per comprendere il contenuto della pagina che si è
girata bisognerebbe andare molto indietro e analizzare quanto è successo, in loco, dal 1970 in poi. Tempo
nel quale sono stato spettatore ed anche protagonista attento ed allarmato dalla deriva istituzionale che il
paese aveva imboccato.

Quarant’anni sono troppi da sintetizzare in un articolo anche se ben vivi nella
memoria di chi scrive che, andando a ritroso alla ricerca della pagina oggi chiusa, porta immediatamente
alle ampollosità declamatorie di una campagna elettorale e di una certa stampa che, anno 2001, attorno al
titolo “Aria Nuova” e allo slogan del “sindaco contadino” occuparono il proscenio locale con tribuni che
impegnavano l’eligendo consiglio comunale “a partecipare con il gonfalone ad ogni funerale che si sarebbe
celebrato”, che strumentalizzavano l’inconsolabile vedova che sentendosi defraudata dell’eredità del
marito, era inserita nel dibattito politico per dirne di tutti i colori contro la cognata candidata con
l’avversario, o il novello “Omero” declamante “l’ode a Cesare” definito “generoso, mite e senza pretese
guida migliore per il nostro paese”. Si inaugurava un periodo di politica macchiettistica, organizzata sempre
dallo stesso regista, che è continuata, per anni, fino all’ultimo comizio [“è venuta da me una signorina con
un cappello in mano e me lo voleva mettere in testa. Io l’ho guardata e gli ho detto fermati, mai nessuno mi
ha messo il cappello in testa. Io sono limpido cristallizzato”] che si riteneva potesse essere ancora il “passe
pour tout” per il potere. Assecondata da supponenti cortigiani che, coordinati da un novello Pippo Baudo,
non ne hanno indovinata una. Dalla incapacità di contestare l’avversario sulle responsabilità (e ci sarebbe
stato tanto da dire) agli accessi al microfono. Per cui il popolo, disorientato e senza particolari opzioni, ha
scelto il meno peggio che dovrà faticare, non poco, per portare il paese fuori dalle secche su cui è stato
condotto. Anche per colpe loro essendo amministratori da tanti anni. Chi è curioso può cercare su google la
composizione dei consigli comunali che dal 2001 in poi si è alternata e si renderà conto. Continuo a ritenere
che, per amministrare luoghi come S.Angelo o l’Epomeo, bisogna avvertire, ogni qualvolta che ci si va, un
brivido simile a quello che l’innamorato avverte al cospetto dell’amata quando l’incontra. Non scopro
misteri col dire che Caruso, capace come amministratore, non ha mai mostrato una tale sensibilità non
avendolo mai visto passeggiare rilassato per S.Angelo, frequentare persone del posto o andare al bar o al
mare tra la gente del paese. In sintesi vivere il paese. Spero che Irene Iacono dimostri maggiore sensibilità e
frequenti di più i “gioielli” che le sono stati affidati. Solo così si renderà conto di quanti abusi o meglio
soprusi, sono quotidianamente perpetrati con l’avallo sistemico di quelli che saranno i suoi collaboratori
operativi. Per quanto riguarda la minoranza mi auguro che, ritrovando il bandolo del gomitolo della
vergogna, per la supponenza e improvvisazione dimostrata (pur con qualche eccezione), si dimettano tutti
non avendo manifestato nessuna versatilità a fare politica se non quella di presentarsi, col vestito della
festa, a chiedere il voto. Fare la politica di minoranza, se la si intende nell’ottica dell’alternativa, comporta
sacrificio e tanta dedizione visto che la legge (assurda quanto si vuole) assegna al consigliere comunale il
ruolo del “controllore”; con il compito di far emergere le negatività o le contraddizioni di chi è stato
mandato a governare. E’ un lavoro faticoso, per nulla soddisfacente che solo chi ama il proprio paese e
vede la politica come strumento di tutela e crescita, può intraprendere. Consapevole di non trovare
nessuno a gratificarlo in quanto, nelle nostre comunità, il ruolo dell’amministratore è inteso, dalla gente,
come quello del cameriere che deve rispondere ai desideri degli elettori e non invece come un soggetto
incaricato di un servizio che per taluni è inteso come prospettiva di arricchimento.

acuntovi@libero.it .

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