28 LUGLIO 1883 è la data della catastrofe sismica che distrusse la parte collinare di Casamicciola.
“Penso che gli amministratori di Casamicciola dovrebbero ricordare la data del 28 luglio 1883 per adeguare gli interventi nell’area terremotata del 2017 al livello dell’elevato rischio sismico del territorio, evidenziato dalla storia sismica di Ischia”. Lo sottolinea il prof.Giuseppe Luongo, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano di Napoli.
“Il terremoto del 1883 ha lasciato una traccia profonda nella storia dell’isola d’Ischia per la gravità dei danni in un territorio proiettato verso uno sviluppo turistico a dimensione internazionale per la fama delle sue risorse termali. Nonostante l’impegno del governo centrale con il Ministro dei Lavori Pubblici Francesco Genala per il soccorso alla popolazione e l’impatto che il disastro ebbe in tutta Europa per il numero di morti e il ruolo che l’Italia intendeva svolgere poco dopo l’unificazione del Paese, a Casamicciola non è stata lasciata traccia di un modello di città rifondata come altri esempi diffusi anche in Italia, ne si è ricostruito per conservare le tipologie e le strutture dell’urbanizzazione precedente all’evento. Il risultato di tale inefficienza è un insieme di rioni baraccati riadattati con uno stile moderno insignificante, e di un edificato recente spesso senza identità sviluppatosi al di fuori di qualsiasi progetto razionale, finalizzato a un turismo che ha espulso progressivamente la cultura che si era affermata nel secondo dopoguerra con il contributo di studiosi, intellettuali e artisti che avevano eletto l’Isola a loro dimora.
Il terremoto si è ripresentato il 21 agosto del 2017 nello stesso luogo, come nel 1796, 1828, 1881 e, appunto nel 1883, solo per indicare i più recenti. Nell’attuale contesto socio-economico e culturale il terremoto del 21 agosto 2017 potrà risultare un colpo mortale per una comunità in sofferenza se non si corre ai ripari. Per evitare ciò occorrono scelte coraggiose, come quella proposta da chi scrive questa nota, che prevede la indisponibilità dell’area epicentrale per la ricostruzione dell’insediamento e destinare tale area ad un parco scientifico-naturalistico dove insediare un Centro di Ricerca Internazionale per la mitigazione del rischio prodotto da terremoti di moderata energia ed elevata intensità. In mancanza di un intervento di grande impatto sul territorio si rischia di trasmettere alla storia l’immagine di una città imprigionata nei tubi installati per sostenere le macerie del terremoto”.