OPORTET UT SCANDALA EVENIANT (E’ BENE CHE ACCADANO GLI SCANDALI). DI ARCANGELO MONACILIUNI

Le onde sismiche generate dal movimento tellurico provocato dal video di Grillo non han perso potenza e sono ancora in piena espansione. Pur con qualche distinguo, con qualche diversa tonalità, con molti silenzi, la “condanna” del video e dei suoi contenuti ha in prevalenza segnato i commenti. Al tentativo di distinguere il padre dal politico è stato opposta la inscindibilità delle figure ed il dato che l’urlo era stato lanciato da Beppe Grillo con tutto il carico del nome, con tutto il carico di colui che, da ultimo, è stato il demiurgo del Governo in carica.
Da qui la condanna dell’urlo, del pulpito utilizzato, della difesa del figlio ancorata ad una presunta consensualità della ragazza che ha denunciato lo stupro, a trarsi, a detta di Grillo, per facta concludentia. Ma soprattutto, in primis, da qui il dato che siffatta difesa è stata dispiegata “al di fuori del processo e non nel processo”, in dispregio, in inversione ad U, a 360 gradi, rispetto ad una predicazione tanto antica quanto quotidiana. Predicazione qui ora capovolta, avuto conto, per dirla con Enrico Mentana, che pure non nasconde moti di umana comprensione per Grillo, “che il familiare di un politico per la prima volta diventa il buono e i magistrati che indagano e i giornalisti che ne danno notizia si trasformano in cattivi” (by Infosannio on 21 aprile 2021). Ed avuto ancora conto che il capovolgimento si appalesa in tutta la sua pregnanza per quanto fa emergere una visione, ancestrale, della “vis grata puellae”, in aperta contrapposizione con il concreto operato dei 5 Stelle cui si debbono recenti inasprimenti di pene e snellimenti delle condizioni dell’azione in tema di delitti di violenza sessuale (il c. detto codice Rosso).
Da parte mia, ben chiaro sia, non vi è alcuna condanna preventiva di Ciro Grillo e C. Non so cosa sia accaduto, aborrisco i processi sui media e riesco a comprendere la delicatezza di queste tipologie di processi. Tuttavia, se su questa vicenda ho un convincimento è -solo, ma netto- quello che Grillo non poteva, non può, utilizzare la sua posizione per far luogo ad una pubblica difesa del figlio, accompagnata/basata sul suo convincimento, sulla sua illuminazione, della “consensualità” della ragazza che ha denunciato di aver subito una violenza di gruppo. E tanto con l’aggravante, di immane pregnanza, di aver condito il tutto, nell’imminenza delle decisioni della magistratura, con accuse rivolte a quest’ultima apertis verbis. Ove anche, in via di mera tesi, queste ultime avessero a cogliere nel vero, certo è che quod licet bovi non licet Iovi.
Non ho elementi, né possiedo le necessarie competenze professionali ove mai li avessi, per poter “giudicare” l’operato della magistratura penale che, a detta di Grillo, nel caso avrebbe dovuto disporre gli arresti, con il corollario che se a tanto non si è giunti andrebbe esclusa la colpevolezza. Né ho elementi per (tentar di) comprendere se, come fatto trasparire, anche in autorevoli trasmissioni televisive, l’inchiesta ed i suoi tempi possano in qualche modo essere stati condizionati dal cognome di uno degli imputati, ovvero, oggi, da odierne debolezze del Movimento 5 Stelle. Ipotesi, allusioni, ben gravi, che non possono esser tollerate, men che meno se solo suggerite con passi felpati.
Nè ho, anche a tale ultimo riguardo, elementi per (tentar di) comprendere la “prudenza” dell’Associazione Nazionali Magistrati sulla vicenda, ovvero sulle ragioni che hanno consigliato di evitare di invocarsi una pratica a tutela dei magistrati inquirenti, limitandosi -solo qualche ora fa e nelle descritte condizioni- ad un comunicato a mente del quale, per come si legge nei lanci di agenzia: “Le recenti dichiarazioni di Beppe Grillo sfiduciano il processo. È essenziale per la vita democratica del Paese che i processi, e quelli per violenza sessuale anzitutto, si svolgano al riparo da indebite pressioni mediatiche… I magistrati di Tempio Pausania sapranno accertare i fatti con serenità ed equilibrio, garantiti dalla propria professionalità, nel rispetto dei diritti di tutti, degli imputati, che devono essere assistiti dalla presunzione di innocenza, e della denunciante, la cui dignità va tutelata”.
Ciò detto, è difficile capire cosa si nascondesse dietro quel prolungato urlo. Se pur del tutto fuori posto e fuori luogo, dichiarazione di amore verso il figlio? verso la famiglia? padre disperato? rabbia repressa per troppo tempo? delusione per aspettative venute meno? messaggio, o messaggi, in codice, ed a chi nel caso?
Non sono in grado di comprenderlo. La dietrologia non è il mio forte ed in genere ognuno cerca dietro le quinte quanto più gli aggrada: saepe credemus quod putamus.
Quello di cui sono ragionevolmente certo è che l’uomo che è stato capace di costruire attorno a sé, al messaggio che ha lanciato, al vaffa, un consenso di tale portata nel Paese non può essere ritenuto uno sprovveduto. Pochi come “l’Elevato” sono addentro ai meccanismi comunicativi. Ne ha dato prova, ampia prova.
E dunque, il video, i suoi contenuti, la decisione di mandarlo a “reti unificate”, di associare nella difesa la moglie, madre dell’indagato, devono avere un loro significato. Dietrologie in disparte, può forse convenirsi ancora con Enrico Mentana, ovvero con la conclusione del suo scritto: “… Beppe Grillo è il primo a sapere che col suo video ha fatto una scelta, e col cuore e le viscere ha mandato affa.. il se stesso politico, che non ha saputo aiutarlo” (sempre by Infosannio on 21 aprile 2021).
Ebbene, ma se così fosse, e se Mentana ha sicuramente ragione nel sottolineare che “per un anno e nove mesi questa terribile vicenda ha scavato chissà quanto in quella famiglia come nelle altre cinque toccate dai fatti di quella notte”, altre avrebbero dovute essere le reazioni delle Istituzioni, del mondo della politica, a fronte di questo evento, per quanto più interessa noi cittadini, di tutto rilievo anche quanto ai suoi profili pubblici.
Si sarebbe, io credo, dovuta riconoscere la saggezza dell’antico brocardo “Oportet ut scandala eveniant” e trarne le conseguenze. Per la prima volta, in una sola persona si racchiude l’Uomo che oggi sta condannando il “sistema” giudiziario ed il circuito giustizia/media ed il Politico che, in sommo grado, fin qui l’uno e l’altro ha osannato, posto sugli altari, ricavandone una fortuna politica senza pari.
Per la prima volta si erano create le condizioni, una congiunzione astrale straordinaria, per rifuggire dalle consuete, italiche, scontate dichiarazioni ed omissioni.
Ed invece abbiamo assistito alle rituali speculazioni, a sostegno delle rispettive posizioni, e questo potrebbe essere anche lecito, del proprio interesse particulare, e questo lo è meno in quanto e per quanto si dimentica, ovvero si fa mostra di dimenticare, le opposte posizioni assunte in speculari evenienze.
E poi abbiamo ancora assistito ai consueti tentativi di allontanarsi dal fuoco in ogni modo possibile: tacendo, fin quando è stato possibile farlo, continuando a tacere anche oltre il lecito o il comprensibile, sacrificando principi non negoziabili alle ragioni del potere, delle alleanze, facendo sfoggio del migliore/peggiore doroteismo, condito in salsa moderna, ovvero indigeribile.
La sottosegretaria alla Giustizia, non quindi un quisque de populo, tentando ancora una improbabile riconduzione della vicenda in una sfera solo privata, si è interrogata pubblicamente sul ruolo rivestitovi da Giulia Bongiorno, legale della ragazza e, nel contempo, senatrice della Lega, fra l’altro ipotizzando, a mezzo di una domanda retorica, che possa aver mostrato “dettagli” processuali a Salvini. Ne è seguita la sdegnata replica della Bongiorno, che ha opposto il suo notorio occuparsi da decenni di violenza sulle donne, la denuncia di un tentativo, che sarebbe stato posto in essere dalla sottosegretaria, di spostare il baricentro della vicenda e via di seguito in un crescendo di interventi delle rispettive armate di appartenenza politica e dei rispettivi sodali per convincimenti e/o convenienze.
Insomma, nessun accenno, traendone spunto da questo terremoto, a possibilità di una discussione seria intorno a tesi ed antitesi, garantismo e giustizialismo, a cordoni ombelicali innaturali, a riforme che affrontino nodi a tutti noti e li recidano con la spada, chè l’ora è già da tempo tarda.
Ma, ahimè, ahi noi, di questo non vi è sentore. Nihil novi sub sole e il mio sogno primaverile resta avvolto nelle brume invernali.

di Arcangelo Monaciliuni

già Magistrato T.A.R. Campania

Costituzionalista

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