E GLI SCOLARI CAMPANI RESTANO A CASA. DI ARCANGELO MONACILIUNI

Bene, anzi male. Finalmente, con l’ordinanza del Presidente della Giunta Regionale, n. 85, con 26 ottobre 2020- le famiglie campane hanno saputo che i loro figli/nipoti dovevano restare ancora a casa, senza poter andare a scuola.
Per vero, avevano (avevamo) per un attimo sperato che tutto quanto avvenuto in questi ultimi giorni, le polemiche
(mi limito a parlare della scuola), le inequivoche, reiterate, prese di posizione di quasi tutti i Ministri a favore della
“scuola in presenza”, ancora le dichiarazioni ieri sera, da Fabio Fazio, della Ministra Azzolina, avesse potuto
condurre ad una diversa conclusione.
Ed invece, l’art. 1, punto 1.1., dell’ordinanza regionale dispone che: “è confermata la sospensione delle attività
didattiche in presenza per la scuola primaria e secondaria…”, ancora una volta in aperto contrasto con le previsioni
dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (sia del 18 che del 24 ottobre u.s., a mente delle quali, art. 1,
lettera s) “fermo restando che l’attività didattica ed educativa per il primo ciclo di istruzione e per i servizi educativi
per l’infanzia continua a svolgersi in presenza…….”).
Bene, anzi male, molto male: a mio avviso, si intende. E, per vero, non ho alcuna voglia di parlare ancora
diffusamente di diritto.
Mi limito solo a sottolineare come sia quanto meno forzato il ritenere/sostenere che la “legittimazione” dell’adozione
di queste, ulteriori, riconfermate, c. dette “misure più restrittive” a livello regionale possa esser tratta dal decreto
monocratico (al plurale, sono due: n. 1921 w n. 1922 del 19 ottobre) della Presidente della V sezione del Tar
Campania, che ebbe a respingere la tutela cautelare provvisoria invocata da genitori che avevano impugnata la
precedente ordinanza regionale.
Al di là dei titoli ad effetto della stampa, dei media, dei social media e dei troppi cantori, io non credo (sia stato)
corretto il sostenere/urlare: “IL TAR DA’ RAGIONE ALLA REGIONE CAMPANIA”.
Premesso infatti che, per sua natura, la tutela provvisoria assicurata dal decreto monocratico non esaurisce né lo
spazio di tutela cautelare, né il merito, da definirsi nelle rispettive sedi collegiali, a chiunque legga, senza aver (voler
aver) gli occhi bendati, avrebbe a dover risultare del tutto chiara la pregnanza dell’ultimo capoverso della
motivazione dei due decreti, non a caso, ma a monito, io immagino virgolettata. Eccola: “Ritenuto che … (omissis)…
la espressa temporaneità della misura e il manifestato proposito, come rappresentato dalla difesa regionale ..
(omissis) … di rimodulazione della stessa, all’esito del sopravvenuto DPCM 18 ottobre 2020, le cui disposizioni, per
quanto rileva (art. 1, comma 1, lettera d), n. 6), in materia di attività didattiche), si applicano a far data dal 21 ottobre
2020, valgono a dequotare il pregiudizio nelle more lamentato”.
Vien da chiedersi se la odierna reiterazione della disposizione riguardante la scuola -ancora in aperto contrasto con
le disposizioni statali, pregresse e sopravvenute e ad avviso della consolidata giurisprudenza prevalenti in era
coronavirus- pur in presenza delle assicurazioni date nella sede giurisdizionale, non possa -lato sensu,
tecnicamente non è così- sostanziare una sorta di “oltraggio alla Corte”. Ciò perchè la riportata (ultima) parte della
motivazione dei decreti aveva a formare, quoad substantiam, parte integrante della formula di reiezione della
richiesta tutela interinale. Ed invero, se nel dispositivo si concreta l’essenza volitiva del provvedimento
giurisdizionale, tuttavia la portata precettiva del comando va ricercata nella lettura combinata del dispositivo in
relazione alla motivazione attraverso l’interpretazione delle varie parti del provvedimento le une per mezzo delle
altre.
Beh, alla fine mi son lasciato andare ancora a considerazioni di natura giuridica.

di ARCANGELO MONACILIUNI

già MAGISTRATO T.A.R. CAMPANIA

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