Coronavirus, Paterna (Open City Roma): “Riprogettiamo le città”

Roma, 28 ott. (Adnkronos) – Serve “un’alleanza fra scienziati e architetti” per rendere “più sicura l’esistenza degli uomini nelle città” perché “questa pandemia ci ha confermato quanto le nostre metropoli siano sotto stress e quanto sia necessario riprogettare le condizioni di vita sociale nei centri urbani”. Intervistato dall’Adnkronos a fronte degli scontri e dei rischi di nuovi lockdown nelle grandi città italiane, è l’architetto Davide Paterna, presidente di Open City Roma, a delineare il quadro. Sono temi che l’architetto già nel 2019 aveva messo al centro quando ha progettato Change-Architecture Cities Life, il festival dell’architettura sostenibile che ha portato a Roma il dibattito sulla vita nelle città in tempo crisi e che chiuderà i battenti sabato prossimo 31 ottobre. “Sono fiducioso per Roma che è emersa come una città solida, ovvero dotata di una forte inerzia culturale e sociale, ricca di energie vitali”. Roma, argomenta l’architetto, “ha una straordinaria dotazione di verde e di vuoti urbani, cioè spazi non ancora urbanizzati che potrebbero essere pensati e progettati in modo più resiliente imparando anche da questa pandemia”. Verde e spazi, osserva ancora Paterna, “che rendono Roma meno densa e quindi più suscettibile all’adattamento a questa crisi sanitaria rispetto ad altre Capitali europee. Penso a Parigi, ad esempio, dove il consumo di suolo ha raggiunto livelli estremi e la pandemia sta correndo velocissima. Situazione analoga è a Londra”.Roma, indica anche l’architetto Filippo Maria Martines, consigliere dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provinciae tra i promotori del festival Change, “può ancora immaginare un suo futuro diverso” ma bisogna “agire adesso sulle periferie dove c’è maggiore carenza di spazi pubblici e privati non degradati, spazi aperti e fruibili in cui potersi incontrare con meno rischio di ammalarsi di Covid”. Oggi le periferie di Roma, sottolinea, “spesso sono ‘alveari’ dove il virus corre più veloce”.

“Quello che è emerso nei nostri talk e brainstorming, iniziati il 24 settembre scorso prima della nuova ondata pandemica,è – riferisce Davide Paterna- che questa crisi sanitaria impone di guardare alle città come organismi complessi, é una sollecitazione arrivata anche da filosofi come Emanuele Coccia dell’Ecoles des Hautes Etudes en Sciences Sociales, o scienziati esperti di smart city come Mauro Annunziato, Direttore Divisione Smart Energy dell’Enea, che hanno partecipato agli incontri di Change”. “Bisogna insomma guardare ai centri urbani con proiezioni accurate e la scienza ha queste capacità, mentre gli architetti sono coloro che si occupano di progettare e costruire gli spazi in cui l’uomo vive” afferma Paterna che con Open City Roma capofila ha promosso Change insieme a Ordine degli Architetti di Roma e Provincia e Fondazione Maxxi. “Gli incontri di Change -sottolinea Davide Paterna- sono serviti infatti a “fissare l’idea che da ora in avanti parlare di sola architettura non è più possibile, bisogna allargare il campo di informazione della progettazione includendo attitudini, sensibilità e professionalità diverse, transdisciplinari”.

“La vera Smart city – come ha sottolineato l’ingegnere nucleare Mauro Annunziato dell’Enea nel corso del festival ‘Change-Architecture Cities Life’ – si fa partendo dal capitale sociale, da piccoli distretti che, in casi di emergenza come questa pandemia,diventano autonomi rispetto all’estensione della grande città. Allora pensiamo a come si potrebbe tradurre in termini di tracciamento della pandemia questa visione di una metropoli” indica il presidente di Open City Roma, l’associazione culturale che, con Open House Roma, ha portato per prima in Italia il grande evento internazionale Open House che si svolge ogni anno in 43 città del mondo aprendo al pubblico i siti di maggior valore architettonico. “La creatività di un architetto -prosegue Paterna- può agire in linea con la complessità mostrata dall’emergenza sanitaria. Non è possibile, ad esempio, che per passeggiare in un’area verde si debba attraversare tutto un quadrante di una metropoli”. “L’obiettivo del festival Change è che l’architetto faccia tesoro della complessità degli scenari che abbiamo di fronte usando oltre al confort e alla bellezza anche elementi che possano fronteggiare sfide come il nuovo coronavirus – che non sarà l’unica o l’ultima crisi – e che, stando al World Urbanization Prospect dell’Onu nel 2050 quasi il 70% dei cittadini del pianeta vivrà in aree urbane. Per questo, conclude Paterna, “con Change abbiamo preferito costruire idee e analisi a più voci, coniugando le parole degli architetti con esperti di altre aree – scienza, filosofia, tecnologia, amministrazione pubblica – piuttosto che ridurre i temi alle interpretazioni di singoli pensatori”.

(di Andreana d’Aquino)

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