ELEZIONI. “IMPRESENTABILI”, IL PARERE DELL’AVVOCATO BRUNO MOLINARO

Elezioni. Sulla questione dei candidati ritenuti “impresentabili” (secondo quanto dichiarato dal presidente della commissione antimafia), abbiamo chiesto un parere giuridico all’avvocato Bruno Molinaro.

D. Avvocato chi è “impresentabile” alle elezioni nazionali, regionali e comunali secondo la legge vigente?

R. Non esiste nella legge italiana alcuna preclusione a cariche elettive nazionali, regionali e comunali derivante da “impresentabilità” e non piuttosto da “incandidabilità”, che è tutt’altra cosa.

In altre parole, i c.d. “impresentabili” sono soltanto coloro i quali, sulla base di un codice di autoregolamentazione approvato dalla Commissione Antimafia il 23 settembre 2014, sotto la Presidenza di Rosy Bindi, non sono ritenuti moralmente idonei a ricoprire cariche pubbliche.

L’idoneità morale – va subito puntualizzato – è cosa ben diversa dall’idoneità all’elettorato passivo, ovvero dalla capacità giuridica di ricoprire cariche elettive che – come è noto – si identifica con la c.d. “candidabilità”.

La “candidabilità” o meglio la “incandidabilità” è disciplinata dalla legge “Severino”, la quale elenca i casi di incandidabilità e di decadenza degli eletti, prevedendo, altresì, “l’immediata sospensione dall’incarico su richiesta del prefetto e del ministero dell’interno per un periodo di almeno 18 mesi” nei confronti degli amministratori pubblici condannati anche solo in primo grado per una serie di reati, tra cui quelli contro la pubblica amministrazione.

In relazione alla legge “Severino”, va ricordato che sono state sollevate, anche di ufficio, varie questioni di legittimità costituzionale, soprattutto in ordine alla possibilità di disporne l’applicazione anche per il passato.

Sempre la “Severino”, come riportato dalle cronache, ha anche formato oggetto di un ricorso alla Corte Europea da parte di Silvio Berlusconi che, proprio per effetto di tale legge, è stato dichiarato, nell’anno 2013, decaduto dalla carica di senatore della Repubblica: ricorso dalle alterne vicende ma, a quanto risulta, tuttora pendente.

D. Il codice di autoregolamentazione cui ha fatto riferimento non ha, quindi, valore di legge?

R. Assolutamente no!

Questo codice di autoregolamentazione, anche detto codice etico, non ha valore di legge.

È solo una previsione o meglio una richiesta codificata a partiti e movimenti di non candidare o sostenere anche in modo indiretto, attraverso il collegamento ad altre liste, persone rinviate a giudizio, indagate, sottoposte a misure cautelari o condannate – anche non in via definitiva – per reati come quelli di stampo mafioso (previsti dall’articolo 416 bis del codice penale) o di estorsione, usura, riciclaggio, traffico di esseri umani e traffico di rifiuti.

Il codice riguarda, peraltro, anche i latitanti o “coloro che hanno ricoperto la carica di sindaco o di componente delle rispettive giunte in comuni o consigli provinciali” sciolti per mafia.

Non troverete reati per violenza sessuale: sono odiosi ma non riguardano il lavoro di questa commissione” dichiarò all’indomani della sua approvazione la Presidente Bindi, la quale precisò anche che:

Sui candidati presenti nella lista pesa esclusivamente un giudizio etico e politico”.

Le candidature restano valide a tutti gli effetti perché il codice non ha alcun valore legale”.

Con questo codice non si dichiara l’incandidabilità di nessuno ma si comunica soltanto agli elettori qual è la qualità del personale politico che andranno a votare”.

Va ulteriormente chiarito che, come stabilito dallo stesso Codice, l’adesione dei partiti e movimenti è volontaria “e la mancata osservanza delle disposizioni o anche la semplice mancata adesione allo stesso non dà luogo a sanzioni, semmai comporta una valutazione di carattere strettamente etico e politico nei confronti dei partiti e formazioni politiche“.

Proprio la diversità di grado e di valenza precettiva fra il codice etico e la legge “Severino” ha indotto alcune Prefetture, in occasione del primo monitoraggio disposto all’esito delle elezioni amministrative dell’anno 2010, a non fornire le informazioni richieste dalla Commissione nell’ambito delle attività di verifica del rispetto delle condizioni contenute nel Codice, sulla base della ritenuta violazione del diritto alla tutela della privacy.

D. Lei condivide la ragione ispiratrice e le finalità di questo Codice nell’attuale sistema?

R. Ritengo personalmente che il Codice di autoregolamentazione persegua obiettivi commendevoli e di alto profilo ma non posso esimermi dall’osservare che, se può ritenersi giusta e scontata l’impresentabilità per i reati di mafia e per quelli di grave allarme sociale, comunque presidiati a sufficienza dalla legge “Severino” e da altre misure, l’innalzamento indiscriminato della soglia di tutela per altri reati, come i reati contro la pubblica amministrazione, compreso il reato di abuso di ufficio, desta qualche perplessità.

Ciò in primo luogo perché il Codice fa a pugni con il principio della presunzione di innocenza, che costituisce uno dei principi cardine della nostra carta costituzionale.

In secondo luogo perché la legge “Severino” per i reati contro la pubblica amministrazione, che sono, comunque, reati gravi, gradua, in ogni caso, le conseguenze della incandidabilità a seconda del fatto che sia intervenuta o meno una sentenza di condanna definitiva.

Se ci si sofferma, poi, proprio sul reato di abuso di ufficio, va sottolineato che questo reato è stato completamente rivisitato nel luglio scorso dal legislatore che ha ridimensionato notevolmente la portata della fattispecie incriminatrice, ancorandola a particolari condotte omissive ed escludendola nei casi in cui il pubblico ufficiale non si sia reso responsabile di comportamenti specifici, salva, comunque, la indagine sulla sussistenza del dolo intenzionale.

Il reato, in pratica, è stato quasi depenalizzato e allora anche per tale sopravvenuta evenienza normativa il Codice di autoregolamentazione presta il fianco a qualche dubbio.

D. Nella Regione Campania è stata approvata qualche legge in materia di incandidabilità?

R. No, per il semplice fatto che l’incandidabilità, che – ripeto – non ha niente a che vedere con la impresentabilità, non rientra nella competenza legislativa concorrente delle Regioni di cui all’art. 122, comma 1, della Costituzione, bensì nella competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordine pubblico e sicurezza.

Solo per la ineleggibilità e la incompatibilità le Regioni possono legiferare, essendo prevista una deroga. Trattasi, tuttavia, di figure diverse che esulano dal nostro argomento.

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