CAMPANIA. LA MAPPA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA, RAPPORTO ANTIMAFIA

Pubblicato il rapporto semestrale della Direzione investigativa antimafia sulla geografia criminale e sull’evoluzione della camorra nelle province campane.

Pubblicato il rapporto semestrale della Direzione Investigativa antimafia dell’anno 2019 sulle attività e i risultati conseguiti nel contrasto alla criminalità organizzata. Il quadro che ne emerge, per quel che riguarda l’evoluzione delle organizzazioni camorristiche in Campania, ci offre una mappatura completa del loro radicamento e delle attività illecite svolte nei singoli territori controllati. Quello camorristico è un fenomeno criminale in continua trasformazione che si sviluppa principalmente su due livelli: uno superiore, all’interno del quale trovano posto le famiglie storiche, che hanno grande incidenza sulla vita politica, sociale ed economica dell’intera regione, e uno inferiore, dove si collocano i gruppi minori meno strutturati, ma che restano fondamentali per il controllo delle attività illecite sui territori.

Le grandi famiglie criminali come quelle dei Mazzarella, dei Licciardi, dei Contini, dei Mallardo, dei Polverino, dei Moccia, dei Casalesi e dei Belforte hanno creato veri e propri apparati imprenditoriali capaci di influenzare ampi settori dell’economia, locale e nazionale, e di avere rapporti preferenziali con il mondo della politica. I sodalizi criminali maggiormente strutturati operano tenendosi lontani dai riflettori, agendo da regia occulta e traendo beneficio dall’azione criminale dei gruppi minori, che si occupano di spaccio, di racket e di usura. Dall’altro lato i giovani appartenenti alle “paranze” sono desiderosi di entrare far parte dei clan più importanti. Le famiglie camorristiche più potenti, allo scontro armato preferiscono sempre la condivisione degli interessi. Ciò ha notevolmente rafforzato il loro apparato organizzativo e la loro egemonia. D’altronde i boss storici, sebbene in carcere, spesso riescono comunque a dialogare con l’esterno grazie agli strumenti di comunicazione introdotti illegalmente all’interno degli istituti di detenzione.

Le grosse difficoltà economiche di molte aree della Campania hanno sempre rappresentato una leva fondamentale per la criminalità organizzata, che si è sostituita allo Stato attuando una sorta di welfare criminale che ha trovato consenso e accreditamento tra la popolazione. Assicurando protezione e sostegno alle classi sociali più deboli o alle imprese in difficoltà, i clan ottengono disponibilità, complicità e manovalanza. Si tratta di una situazione che potrebbe ulteriormente aggravarsi a causa della crisi economica, con la criminalità pronta a farsi spazio nell’emergenza Covid-19. Tra i settori economici maggiormente a rischio di infiltrazioni c’è quello degli appalti pubblici. A consolidarsi è inoltre il rapporto tra criminalità e politica per la gestione dei consensi elettorali. Per quel che riguarda le aree di controllo sono molteplici le organizzazioni camorristiche che hanno il monopolio delle attività criminali in determinati territori, spesso entrando anche in conflitto tra loro, con l’esplosione di violente e sanguinose faide tra clan rivali. Andiamo dunque ad analizzare, provincia per provincia e territorio per territorio, le principali aree di influenza dei clan e le rispettive famiglie egemoni.

A Napoli città, lo scenario criminale continua a presentarsi mutevole ed eterogeneo, caratterizzato da dinamiche violente e incontrollate messe in atto da giovanissimi desiderosi di protagonismo. Nel centro cittadino si registra una vera e propria effervescenza criminale fatta di “paranze” e baby gang. Nei quartieri di Forcella, nella Maddalena e ai Tribunali continua a registrarsi una situazione di rivalità tra il clan Sibillo, erede della cosiddetta “paranza dei bambini”, della quale fanno parte anche i clan Giuliano, Amirante e Brunetti, e lo storico clan Mazzarella, il cui braccio armato è costituito dalla famiglia Buonerba di Forcella. I Mazzarella sono infatti tornati a governare il centro storico del capoluogo. A loro si sarebbero alleati anche i clan dell’area orientale come i Formicola e i Silenzio. A Forcella la famiglia Buonerba, fedelissima ai ras dei Mazzarella, sarebbe stata messa in crisi dal gruppo degli scissionisti costituito dai clan Giuliano, Vicorito, De Martino e Saltalamacchia dei Quartieri Spagnoli, sostenuti a loro volta dal clan Contini del quartiere Vasto. Quest’ultimo è il clan che più di tutti si sarebbe rafforzato negli ultimi anni, arrivando a contendere il centro storico ai Mazzarella. Nuova linfa per una delle organizzazioni criminali più potenti di Napoli sarebbe arrivata anche grazie alle scarcerazioni dei fedelissimi del boss Patrizio Bosti. La zona di Sedile di Porto, invece, è sotto il controllo del clan Trongone. Passando al rione Sanità, questo è da tempo teatro di cruenti scontri e risulta conteso tra i clan camorristici del quartiere, come i Mauro, i Vastarella e i Sequino, tutti sostenuti dai Mazzarella, e alcuni gruppi criminali di Secondigliano che vorrebbero espandersi in città. L’area del porto di Napoli, punto nevralgico per il traffico di sostanze stupefacenti e di merci contraffatte, risulta sottoposto invece al controllo del gruppo dei Montescuro, un clan “silenzioso”, specializzato in affari di natura internazionale, il cui reggente, considerato un’autorità criminale di primo ordine, detiene ottimi rapporti con gran parte dei clan cittadini. A Chiaia e Posillipo permane l’operatività del clan Elia.

Napoli Est resta contesa tra i gruppi armati appartenenti al clan Mazzarella e al clan Rinaldi, quest’ultimo reggente a San Giovanni a Teduccio. Nell’area si spara ed esplodono bombe. A Ponticelli la deflagrazione dei clan Di Micco e D’Amico ha aperto la strada al sodalizio De Luca-Bossa, mentre a Barra il clan Cuccaro-Aprea detiene stabilmente il controllo del racket e dell’usura. Nell’area occidentale di Napoli i quartieri di Pianura e Soccavo sono quelli con la più alta permeabilità criminale. In questi quartieri la camorra gestisce soprattutto il traffico di droga e la vendita di armi. Nel rione Traiano resta egemone il clan Cutolo, mentre Bagnoli è sotto il controllo del clan Esposito. A Fuorigrotta i gruppi Ladonisi e Cesi, con base operativa nel rione Lauro, controllano il racket dei parcheggi. Nel territorio flegreo resta egemone il sodalizio composto dai Beneduce-Longobardi con basi a Quarto e a Pozzuoli, che può vantare di un grande consenso da parte della popolazione locale.

Le dinamiche criminali che riguardano la periferia nord del capoluogo campano sono in continuo mutamento, a causa del ridimensionamento dei sodalizi Vanella-Grassi, recentemente indebolito dalle operazioni condotte dalla Dia, e del clan Amato-Pagano, quest’ultimo retto dal boss Giosuè Belgiorno, prima scarcerato, poi reintrodotto nuovamente in carcere, essendo stata provata la sua pericolosità. I due sodalizi storici della periferia nord, ossia i clan Di Lauro e Licciardi conservano intatta la loro autorevolezza criminale. A Scampia le piazze di spaccio continuano a essere gestite dagli affiliati al clan Vanella-Grassi. Il suo recente indebolimento ha altresì determinato un tentativo di rientro da parte del clan Amato-Pagano. Nell’area “Case Celesti” a Secondigliano permane la famiglia Marino. Potente sodalizio, con influenza su tutto il territorio di Secondigliano, è il clan Licciardi, con base di comando nella Masseria Cardone. Il clan tenta di avere sempre più presa nella periferia nord di Napoli approfittando del vuoto di potere creatosi nel clan Lo Russo, egemone a Miano, Marianella e Piscinola. A Chiaiano permane il clan Stabile, legato ai Licciardi, le cui mire espansionistiche si sono rivolte sui quartieri Vomero e Arenella.

Nella provincia settentrionale di Napoli non sono da registrarsi novità. Gran parte dell’area nord resta saldamente sotto il controllo dei clan Moccia di Afragola, Mallardo di Giugliano e Polverino di Marano, con forti ingerenze nella politica e nelle attività imprenditoriali del territorio. Fondamentali sono per questi clan gli ottimi rapporti con la vicina camorra casertana, con la quale sussistono diversi patti e strategie di collaborazione. La vocazione imprenditoriale delle criminalità nell’area nord di Napoli gli consente di rivestire un ruolo da interlocutore privilegiato per le frange deviate della pubblica amministrazione, come conferma il dato relativo al Comune di Sant’Antimo, sciolto di recente per infiltrazioni camorristiche.

Il clan Moccia resta uno dei più potenti dell’intera area, imponendo il proprio dominio su Afragola, Caivano, Casoria, Cardito, Frattamaggiore e Arzano, con importanti diramazioni anche nel Lazio. Le attività dei gruppi satelliti del clan afragolese sono legate specialmente al racket e all’estorsione. Sotto l’egida dei Moccia, a Crispano, agisce il gruppo Cennamo, mentre la famiglia Pezzella controllerebbe Frattamaggiore, Frattaminore, Cardito e Carditello. A Caivano, invece, il clan Sautto-Ciccarelli troverebbe la propria base di comando nel Parco Verde, eletta a una delle principali piazze di spaccio della Campania. A Sant’Antimo, Casandrino e Grumo Nevano i clan VerdePuca e Ranucci si occuperebbero principalmente di appalti pubblici, tangenti e corruzione. A Melito, Mugnano e Casavatore permane l’asfissiante presenza del clan Amato-Pagano che detiene il controllo del territorio.

Giugliano resta invece il feudo incontrastato del clan Mallardo, forte dell’alleanza con i clan Contini e Licciardi: insieme costituiscono la famigerata Alleanza di Secondigliano, una delle organizzazioni criminali più pericolose della regione. I Mallardo, nonostante i recenti arresti e le confische, restano una delle famiglie criminali più potenti in Italia, con diramazioni importanti in Veneto, in Toscana e in Emilia Romagna e con uno spiccato fiuto per gli affari. I giuglianesi avrebbero inoltre stretto ottimi rapporti con il clan Nuvoletta di Marano e i D’Alterio-Pianese di Qualiano, oltre a detenere patti di collaborazione con il clan Bidognetti. Marano di Napoli è un altro punto caldo sulla mappa della criminalità organizzata, essendo suddivisa per aree di egemonia dai clan NuvolettaPolverino e Orlando i quali hanno messo radici soprattutto in Spagna e hanno stretto importanti patti con il mondo della politica e dell’imprenditoria. Acerra è invece diventata teatro di una cruenta faida di camorra tra i gruppi Di Buono, Granata, Avventurato e Mariniello per il controllo del territorio, lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue fatta di agguati e attentati.

Nel Vesuviano non si registrano particolari cambiamenti nella mappa della criminalità organizzata. Il clan Fabbrocino resta egemone a Ottaviano, a San Giuseppe Vesuviano e a San Gennaro Vesuviano mentre a Sant’Anastasia permangono i gruppi Anastasio e Perillo. A Somma Vesuviana i De Bernardo restano legati al clan Mazzarella, controllando anche i clan minori del Nolano. Cercola e Pomigliano risentono invece dell’influenza dei clan De Luca-Bossa e Aprea-Minichini per conto della famiglia Gallucci. A San Giorgio a Cremano si mantiene salda la reggenza della famiglia Luongo, con l’appoggio dei clan Mazzarella e D’Amico, in espansione nell’area di Portici, fino ad arrivare allo scontro armato con il locale clan Vollaro. Nella città porticese è infatti in corso una sanguinosa faida di camorra. A Ercolano, nonostante la rivalità tra i clan Ascione-Papale e Birra-Iacomino, nessuno dei due ne risulterebbe indebolito. A Torre Annunziata continuano a contrapporsi i clan Gionta e Gallo, che gestiscono gran parte del traffico di stupefacenti nei paesi del Vesuviano. Di vitale importanza, per il clan Gionta, sono gli affari con la criminalità pugliese e con i trafficanti nordafricani. Il quartiere Scanzano di Castellammare di Stabia resta la roccaforte del clan D’Alessandro. Gli attigui territori di Pompei e di Scafati sono controllati dal clan Cesarano. La famiglia Martini, colpita di recente dall’uccisione del nipote del boss Nicola Carfora, controllerebbe i comuni ai piedi dei Monti Lattari.

Nel Casertano il quadro criminale resta invece più omogeneo e saldamente retto dal clan del Casalesi. Le famiglie legate alla criminalità organizzata casertana, tra le più potenti e pericolose al mondo, risultano tuttora profondamente radicate nel territorio e incidono in maniera importante sul contesto sociale, culturale, politico ed economico dell’intera area. La cattura di numerosi latitanti, anche all’estero, non ha fermato la capacità espansiva dei clan casertani nel Nord Italia e nell’Est Europa. Le famiglie casertane restano saldamente legate ai settori edili, finanziariimmobiliari e della ristorazione. I Casalesi possono contare su un radicato sistema di relazioni intessuto con politici e amministratori locali e sulle consolidate alleanze tra i gruppi Schiavone, Zagaria e Bidognetti. Tale alleanza consente di mantenere una sorta di “pax mafiosa” che non ha subito contraccolpi nemmeno in seguito alla cattura di diversi esponenti apicali dei clan. Il territorio casertano continua inoltre a essere oggetto di particolare attenzione per quel che riguarda il fenomeno degli sversamenti illeciti di rifiuti, che ha determinato gravissimi problemi di salute pubblica nella tristemente nota Terra dei fuochi. Il business illegale della gestione dei rifiuti rappresenta in queste aree un’importante fonte di guadagno per le ecomafie.

L’Agro aversano risulta sotto l’influenza dei clan Bidognetti e Schiavone. A Frignano opera invece un “gruppo misto” formato da appartenenti ai clan Venosa e Iovine, sempre per conto dei Casalesi. Castel Volturno resta una delle roccaforti gestite dal clan Bidognetti mentre su Trentola Ducenta, Aversa e Lusciano restano preponderanti le attività estorsive. Il clan Schiavone, invece, si occupa prevalentemente del traffico di armi provenienti dai Paesi dell’Est Europa, grazie ai proficui rapporti stretti con la mafia albanese. Protagonisti indiscussi della strategia dei Casalesi restano gli ”imprenditori-camorristi“. Molte aziende edili della provincia di Caserta agiscono infatti sotto l’ombrello dei clan. Il rapporto che lega gli imprenditori al sodalizio criminale è stabile e duraturo, e assicura la possibilità di aggiudicarsi gli appalti sfruttando le relazioni che i boss hanno intessuto negli anni con gli esponenti della classe politica locale. A Villa Literno sono emersi gli stretti legami tra i politici locali e il clan Zagaria per la gestione degli appalti pubblici. Per quanto riguarda la Pubblica amministrazione sono indicative delle interferenze della criminalità organizzata su Orta di Atella, dove i Russo, braccio operativo dei Casalesi, avevano messo le mani sulla città. Situazione ripresentatasi più volte nel corso degli anni, portando allo scioglimento per infiltrazioni camorristiche l’assise comunale per ben due volte. A Cesa operano invece gruppi Mazzara e Caterino-Ferriero. All’espansione dei Russo nell’Agro atellano ha coinciso anche il consolidamento del clan Caterino-Diana a San Cipriano d’Aversa. Fondamentali i ruoli delle donne ai vertici della criminalità organizzata casertana: a loro il compito di gestire gli ingenti capitali guadagnati illecitamente. Va segnalato che, in relazione alla pandemia di Covid-19, è stata concessa la detenzione domiciliare al boss Pasquale Zagaria, mente economica dei Casalesi. Nell’area marcianisana, storicamente al di fuori del controllo dei Casalesi, è operativo il gruppo dei Belforte, attivo a Caserta e nei comuni limitrofi.

Fondamentali i rapporti del clan Bidognetti con la mafia nigeriana e quella ghanese per il controllo del litorale domizio. Il territorio è diventato un punto nevralgico per i traffici internazionali di droga, per la gestione della prostituzione, del traffico di clandestini e nella gestione del caporalato da parte della criminalità locale. Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina sono sotto il controllo degli Esposito detti i “Muzzoni”. A Santa Maria Capua Vetere è presente il gruppo dei Del Gaudio detti “Bellagiò”. Nell’area capuana permane l’influenza dei gruppi Mezzero, Papa e Ligato. A Mondragone è presente il sodalizio Gagliardi-Fragnoli-Pagliuca, eredi naturali del clan La Torre.

Sebbene più silenziosa, la criminalità organizzata è operante e ben radicata anche nelle altre province campane. Nel Salernitano la camorra è particolarmente attiva nell’area nocerino-sarnese, soprattutto nei comuni contigui alla provincia di Napoli, con attentanti e intimidazioni. Il territorio di Scafati risente dell’influenza dei clan egemoni nel Vesuviano. Qui sono attivi i Fontanella, i Cesarano, gli  Aquino-Annunziata e i Graziano, che si dividono il controllo dell’Agro. Ad Angri è attivo il gruppo storico dei Nocera mentre a Sarno è egemone il clan Serino. A Salerno città i clan D’Agostino e Viviani si occupano principalmente del traffico di droga, come evidenziato dalla recente operazione “Patriot” condotta dalla Dia. A Pontecagnano e Battipaglia è egemone il sodalizio Pecoraro-Renna mentre a Paestum e nel Cilento sono attivi i gruppi Fabbrocino e Marandino, legati anch’essi alla camorra napoletana. Nel Vallo di Diano sono attivi i clan Gallo e Balsamo, che hanno stretto negli anni importanti legami con la ‘ndrangheta della provincia di Cosenza.

In Irpinia i clan maggiormente radicati restano i Genovese ad Avellino e i Graziano nel Vallo di Lauro, nonostante molti capi siano stati rinchiusi in carcere. Nella Valle Caudina è egemone il clan Pagnozzi legato al cartello dei Casalesi, ed esteso anche nel Beneventano.

Sono diversi i clan che si dividono i territori del Sannio. A Benevento sono egemoni i clan Sperandeo e Piscopo-Saccone, legati al clan Lo Russo di Napoli. Montesarchio è invece territorio degli Ladanza-Panella mentre a Sant’Agata de’ Goti sono reggenti i Saturnino-Bisesto.

DA: https://www.ilcrivello.it/

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