SANITA’. TRA NUMERI E POLITICA, L’OPINIONE DI ANTIMO PUCA

C’era “parecchia” gente a Piazza Marina a Casamicciola Terme sabato 18 maggio a manifestare contro la chiusura dell’ospedale e a rivendicare il diritto a una sanità di qualità, alla salute, alle cure, alla riabilitazione. Le virgolette servono a indicare il metro locale delle presenze, poche in senso assoluto o in proporzione alla popolazione di questa isola e all’importanza della materia trattata, ma sono assolutamente molte se parametrate al più classico degli snobismi ischitani, quello della non partecipazione e del non applauso (difetto che Renzo Arbore riporta a livello planetario in uno dei suoi dischi più venduti). Dunque una manifestazione finita nella piazza assonnata. Qualcuno fa capannello con consiglieri comunali di diversa appartenenza arrivati in ordine sparso. Pochi i consiglieri comunali della maggioranza presenti, mentre alcuni sindaci parlano con gli organizzatori e con tutti gli altri che si stringono loro intorno, telecamere e microfoni compresi. La realtà è nei fatti e negli ultimi tempi la realtà di un sistema sanitario non adeguato (e di episodi di cronaca che sembrano confermarlo) ha portato alla esasperazione e alla protesta. La gente è arrabbiata, ma sembra anche disinformata. Nel senso che sembra che si siano accorti solo adesso di ciò che è acceduto ormai da anni, cioè che l’ospedale è stato declassato. Intendo unirmi alla voce, ormai inascoltata, di chi, giustamente, si oppone contro gli ulteriori ridimensionamenti dei Servizi Sanitari nella provincia di Napoli. Ma non solo di quella. Anche di tutta la nostra martoriata regione, che colpiscono, in particolare, gli ospedali più piccoli. Ischia tra questi. In Campania si muore più di mala sanità che di camorra. Vorrei che fosse più forte il livello di attenzione dedicato alla situazione dell’ospedale di Ischia che, nel giro di pochi anni, ha subito un’ingiustificata quanto illegittima chiusura di importanti reparti, addirittura azzerando, in alcuni casi completamente, i posti letto e i livelli essenziali di assistenza. Tutto questo è avvenuto nel quasi completo silenzio sia della politica che delle istituzioni. Se non sporadici casi di manifestazioni isolate e poco utili, lasciando una comunità di sei Comuni senza una reale assistenza sanitaria. Nell’attuale vuoto di potere culturale e sanitario regionale, con un presidente impegnato più a far parlare di sé (per carità, anche quello serve) che della Campania che cambia davvero e della Campania che funziona davvero, nessuno può pensare di rivedere la rete ospedaliera senza l’approvazione delle rappresentanze istituzionali democraticamente elette dai cittadini e costituzionalmente abilitate a farlo: le comunità locali, i municipi. Non si sta facendo una guerra di campanile, ma si sta rivendicando una assistenza ospedaliera degna di questo nome. L’arroganza politica mette in gioco la nostra salute. La nostra salute, però, non è un gioco. E’ ampiamente dimostrato che il bacino dell’utenza di questo ospedale necessiti che i servizi vengano ampliati e incrementati e non, viceversa, di vivere questa inesorabile agonia. Ritengo inammissibile che in un territorio turistico come quello di Ischia si possa sospendere la copertura delle reperibilità, ad esempio, del medico cardiologo in un ospedale che, pur ridimensionato, ha un discreto numero di posti letto, un reparto di medicina e di pneumologia che ospita pazienti con patologie cardiorespiratorie di estrema gravità, con una unità di medicina e chirurgia di accettazione e di urgenza, quale è il Pronto Soccorso con un notevole numero di accessi l’anno. Forse non è chiaro a chi ragiona solo in termini ragionieristici della nostra Sanità. Parliamo di patologie cardiache tempo dipendenti che, se non trattate tempestivamente ed adeguatamente, portano alla morte del paziente, quindi è chiaro che la tempistica è essenziale. Invece anche in questo caso, come in tanti ospedali campani, si stanno caricando i medici dell’emergenza di un’ulteriore responsabilità, con inevitabili ripercussioni giudiziarie che ne seguiranno. E’ su questi piani che dobbiamo tirare fuori la voce. Un’isola come Ischia ha bisogno di una struttura di soccorso che funzioni e che si prenda carico del paziente, affinché questi non vada a finire in liste di attesa di un’altra città. In attesa che vengano riconsiderate ed interpellate le istituzioni democratiche chiedo, da uomo, da cittadino stanco, da funzionario giudiziario motivato, da padre di famiglia, alle autorità politiche, amministrative e giudiziarie di sventare lo smantellamento logistico e tecnologico dell’ospedale di Ischia e di mantenere gli ambulatori e i reparti, anche quelli di diagnostica attualmente esistenti. Chiedo, a nome dei tanti cittadini che vogliamo cambiare con la protesta civica e non con quella parolaia di certi movimenti, la massima vigilanza su questo punto anche con azioni decise. Una delle quali potrebbe essere quella di trasferire la sede di un Comune nei locali dell’ospedale, compreso il corpo di guardia della polizia locale, affinché vi sia un presidio permanente per impedire che avvenga l’indebita razzia di personale – medici e paramedici, tutti bravi- macchinari e attrezzature del nostro ospedale civile. Auspico che la dirigenza A.S.L. faccia un passo indietro sulle decisioni prese, trovando soluzioni idonee e alternative, che non siano semplici decisioni di sopprimere reparti e servizi, onde evitare il ricorso alla magistratura e scongiurare sommosse popolari. Abbiamo il diritto di nascere, nella nostra Ischia. Abbiamo il diritto di curarci e non solo di morire, nella nostra Ischia.

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