ART. 9: LA CORTE COSTITUZIONALE LO DICHIARA LEGITTIMO. IL PARERE DELL’AVV. MOLINARO.

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La Corte Costituzionale, con sentenza n. 117 del 25 giugno 2015, appena pubblicata, ha dichiarato legittimo l’articolo 9 della legge regionale n. 10/2004 ed il relativo emendamento alla legge finanziaria dell’agosto dello scorso anno approvato dalla Giunta Caldoro in materia di condono edilizio.

Come si ricorderà, la Regione aveva prorogato sino al 31 dicembre 2015 il termine per presentare le domande e tale disposizione aveva generato polemiche da parte degli ambientalisti che avevano visto nell’emendamento alla finanziaria un tentativo di introduzione di un nuovo condono in zona vincolata in violazione dei parametri costituzionali, prevedendo, peraltro, l’inapplicabilità della procedura solo in caso di vincolo di inedificabilità assoluta.

Anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva lamentato una invasione della sfera di competenza legislativa spettante allo Stato in materia di tutela del paesaggio.

Di qui il ricorso alla Consulta.

La Corte ha, invece, ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale, risultando la norma che semplifica la procedura riferita non al terzo condono ma alle prime due sanatorie (leggi n. 47/85 e 724/94) ed essendo la distinzione tra vincoli di inedificabilità relativa e vincoli di inedificabilità assoluta già prevista dagli articoli 32 e 33 della legge n. 47/85.

Abbiamo interpellato l’avvocato Bruno Molinaro per saperne di più. L’avvocato ci ha rilasciato la seguente dichiarazione.

<< La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta, a mio avviso, un duro colpo alla burocrazia statalista in materia di condono edilizio, in quanto sancisce l’assoluta legittimità della procedura semplificata introdotta dall’art. 9 della legge regionale n. 10 del 2004 per le prime due sanatorie (leggi n. 47/85 e n. 724/94).

La particolare motivazione addotta a sostegno della ritenuta “manifesta infondatezza” della questione sollevata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri non mi sorprende più di tanto perché la disposizione “sospettata” di illegittimità costituzionale si sostanzia in una interpretazione autentica del testo originario nella parte in cui stabilisce che la sanatoria semplificata trova applicazione in tutti i casi, tranne che nelle ipotesi in cui gli abusi siano stati commessi su aree assoggettate a vincolo di inedificabilità assoluta, come, ad es., quelle nelle quali non è possibile costruire perchè lo vietano gli strumenti urbanistici con prescrizioni poste a tutela di interessi storici, artistici, archeologici, paesistici, ecc., o perchè le aree stesse risultano vincolate a difesa delle coste marine o per la salvaguardia di interessi collegati alla difesa militare e alla sicurezza interna.Va precisato, sul punto, che sulla questione dei vincoli il Consiglio di Stato, con una sentenza del 2006, aveva sollevato dubbi ed in pratica escluso l’applicabilità della norma regionale in questione in quanto il riferimento contenuto in tale disposizione all’art. 33 della legge n. 47/85 (riguardante le opere non suscettibili di sanatoria) era da intendersi ai << tipi di vincoli >> e non agli abusi << non suscettibili di sanatoria a causa della inedificabilità assoluta >>.

Si rendeva, dunque, necessaria una presa di posizione da parte dell’amministrazione regionale sul piano della interpretazione da attribuire al significato della norma in esame, la qualcosa è effettivamente avvenuta con l’approvazione dell’emendamento alla Finanziaria 2014 che la Consulta ha ora ritenuto immune da censure.

La vera novità è che, con tale emendamento, si è stabilito, contrariamente a quanto affermato dal Consiglio di Stato, che la volontà dell’amministrazione regionale era proprio quella di escludere l’applicabilità della sanatoria semplificata nei soli casi di << abusi non suscettibili di sanatoria a causa della inedificabilità assoluta >>, ovvero nei casi espressamente elencati dall’art. 33 della legge n. 47/85.

Non va dimenticato, peraltro, che la Cassazione, con una interessante sentenza della Sezione Terza del 13.2.2013, aveva affermato, su mio ricorso, la piena legittimità delle concessioni rilasciate con l’art. 9, al punto da annullare una demolizione di una porzione di un’abitazione sita in Procida e sanata, appunto, con la procedura semplificata.

La Cassazione aveva, infatti, definito il ricorso proposto contro la demolizione (che era stata avviata dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Napoli) << manifestamente meritevole di accoglimento >>, evidenziando, fra l’altro, che:

“La stessa ordinanza impugnata rileva che la ricorrente ha ottenuto una concessione edilizia in sanatoria basata sull’applicazione della legge regionale n. 10/2004, che all’articolo 9 stabilisce che i procedimenti in sanatoria derogano alle previsioni dell’articolo 32 legge 47/1985 come richiamato dall’articolo 39 l. 724/1994.

Non si tratta, quindi, di ipotesi di condono riconducibile all’articolo 32 legge 326/2003 e, pertanto, assoggettata alle limitazioni di quest’ultimo.

Quanto poi alla mancanza di parere paesaggistico, la giurisprudenza di questa Suprema Corte (da ultimo Cass., Sez. III, 12 maggio 2011, n. 23996) ha chiarito che il divieto di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria (ai sensi dell’articolo 146, quarto comma, d.lgs. 2004, n. 42, come modificato dall’articolo 2, comma primo, lettera s), d.lgs. 2008, n. 63) non è applicabile alle ipotesi in cui la sanatoria è prevista dalla normativa in tema di condono edilizio, rivestendo tale normativa carattere di specialità rispetto alla disciplina della sanatoria degli abusi edilizi in via ordinaria dettata dall’articolo 36 d.p.r. 380/01″.

Va ancora ricordato che, in materia, anche il Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Ischia, con molteplici decisioni dei giudici monocratici Di Salvo e Carbone, aveva affermato i medesimi principi, riconoscendo piena validità ed efficacia alle concessioni rilasciate ai sensi dell’art. 9: sentenze tutte non impugnate dalla Procura di Napoli e, dunque, da tempo divenute irrevocabili.

Allo stesso modo, il T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VI, con sentenza n. 1010 del 10.10.2007, aveva stabilito, con riferimento ad una concessione rilasciata sempre ai sensi dell’articolo 9 dal comune di Forio, che:

“È infondata la censura relativa alla mancata acquisizione del parere paesaggistico. Infatti, in vigenza dell’art.9 della legge regionale n. 10 del 2004, che non prevede il sub-procedimento avente ad oggetto il controllo in argomento e che è applicabile al caso di specie (non rientrando lo stesso fra gli abusi di cui all’art. 33 legge 47/85), i procedimenti di sanatoria adottabili da questa regione dagli interessati derogano alle revisioni contenute nell’art. 32 della legge n. 47/85 per come richiamato dagli artt. 39 e ss. della legge n 724 del 1994. Non vi è dubbio, peraltro, che la Regione Campania avesse titolo a legiferare sul punto, attesa la sua competenza legislativa concorrente che la legittimava a dettare la disciplina in materia di modalità procedurali per la fruizione del condono, prerogativa che è stata per l’appunto esercitata con il citato articolo 9”.

Va, infine, ricordato che, allorquando il Procuratore Aldo De Chiara ritenne di disporre il sequestro probatorio dei fascicoli del comune di Forio inerenti alle concessioni ex art. 9, il Tribunale del Riesame di Napoli accolse il ricorso proposto in difesa dei funzionari comunali che avevano materialmente rilasciato i titoli, annullando il provvedimento del P.M. e disponendo l’immediato dissequestro delle pratiche a favore del comune avente diritto >>.

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