De francesco: a Cosenza è lui il l’uomo del match

Alberto de Francesco, romano de Roma, però con un passato nella squadra dei burini. Nella capitale si dichiarano romanisti della Lupa quelli della Capitali e si differenziano da tutti i tifosi della Lazio: i laziali hanno matrici che appartengono alla periferia, ai burini, ai pastori ed ai produttori di formaggi. Almeno questa divisione amavano fare all’inizio dell’altro secolo i giallorossi doc per dare natali prestigiosi alla propria squadra e nel contempo disprezzare quelli dell’altra sponda: i biancocelesti. Che, però, da parte loro inneggiano all’aquila, simbolo portato in guerra dalla milizia della SPQR (senatus populusque romanorum). Comunque fatti loro…fatti romani. Ed in tutto questo ecco inserirsi un giocatore che ora veste la maglia dell’Ischia Isolaverde. Stiamo parlando di un Alberto De Francesco nato a Roma, nella capitale il 12 ottobre 1994, ma giunto sulla nostra isola come prodotto della Primavera della Lazio. Il centrocampista romano è cresciuto nella fucina di campioni del Tor di Quinto. Ha iniziato la sua carriera da giovanissimo mettendosi in mostra come centrocampista centrale, il classico regista ma è stato poi reinventato mezzala da mister Bollini, Nelle file della società del presidente Lotito fa la trafila che lo porta fino alla seconda squadra. E la primavera, lo scorso anno, si è aggiudicata lo scudetto di categoria. Il nostro Alberto ha collezionato nella stagione del tricolore ben 24 presenze impreziosite da una segnatura. Durante l’estate 2013 ha quindi deciso di svestire un maglia, che avrebbe potuto vestire anche quest’anno perché ancora in età, con il tricolore per indossarne una di colore diverso ma sempre col triangolino verde-bianco-rosso sul petto. Sceglie la Campania ma a dispetto della sinergia Lazio-Salernitana (con Lotito patron di fatto di entrambe), preferisce un’altra strada che lo porta sull’isola d’Ischia. E’ una scelta ben ponderata: infatti nonostante avesse richieste anche in Prima Divisione in accordo col suo agente Andrea Manfredonia, figlio dell’ex bandiera biancoceleste Lionello, forte e sfortunato campione, ha optato per la soluzione gialloblu. Ed ha quindi iniziato a sudare le fatidiche sette camicie. Corre in allenamento, si impegna, ma di campo ne vede poco sopratutto in campionato. Ma per fortuna che c’è la Coppa Italia, dove il ragazzo inizia a mettersi in mostra. Nelle gare infrasettimanali mostra le sue qualità: grande tecnica, buona visione di gioco e ottimo tiro e capacità d’inserimento. Piano piano le sue opportunità aumentano. Campilongo che lo segue giorno dopo giorno trova in lui una delle pedine fondamentali per uscire fuori dal tunnel negativo d’inizio campionato. E nelle ultime partite il numero che porta sulla maglia si abbassa. Scende fino ad essere un titolare fisso: spesso indossa l’8, ma ultimamente anche il 10, un numero significativo per chi ama il calcio. E’ il calciatore che nella settimana appena trascorsa gioca più più di tutti. Campilongo ha optato per il turn-over, ma il romano è l’unica eccezione, e si capisce facilmente il perché. Gioca ben 77 minuti nella fangaia del Mazzella nella spettacolare gara con il Tuttocuoio; gioca 60 minuti con la Salernitana e 90 minuti con il Cosenza e per fortuna c’è fino al fischio finale. Quasi quattro ore di partita e due goal. Uno per farsi apprezzare in uno stadio prestigioso come l’Arechi, l’altro al San Vito, in piena zona Cesarini, per permettere all’Ischia di frenare la capolista e continuare ad essere nel zona utile per la C1. Le sue prestazioni ed i suoi gol ora lo portano sui taccuini di tutti gli osservatori delle squadre più importanti. Questo ragazzo di 19 anni, compiuti da poco, i galloni da titolare se li è conquistati sul campo. Bravo a Campilongo a scoprire un giocatore giovane e di qualità. Ma un bravo va sopratutto al ragazzo romano nato in capitale e cresciuto nelle file dei burini. In bocca al lupo (o forse alla lupa?!?) Alberto, continua così.

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