La storia di Elisabeth: “Troppe anomalie!”

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“In questa storia – ha esordito Molinaro – si registrano molte anomalie, una delle quali è rappresentata dal fatto che Elizabeth, per la sua piccola abitazione gravata da ordine giudiziale di demolizione, ha presentato, a suo tempo, al comune di Procida regolare domanda di condono, sia pure ai sensi della legge n. 326 del 2003. È risaputo che i giudici penali, in particolare la Corte di Cassazione, hanno avuto modo di chiarire, a più riprese, che il c.d. terzo condono non trova applicazione nelle aree assoggettate a vincolo paesaggistico. A questo orientamento della Cassazione penale si contrappone – tuttavia – il diverso indirizzo del giudice amministrativo, il quale ritiene pienamente applicabile la normativa del terzo condono anche alle zone assoggettate a vincolo paesaggistico. E proprio qualche mese fa c’è stata una sentenza che, con motivazione molto articolata, ha ribadito questo principio per un caso verificatosi nell’isola di Ischia. È una sentenza della sezione quarta del Tar Campania che ammonisce che non è esatto parlare di preclusione ostativa e, cioè, che non è corretto sostenere che il terzo condono non può trovare applicazione nelle zone vincolate. Occorre, invece, secondo il TAR, distinguere tra vincoli relativi e vincoli assoluti. In altre parole, soltanto nel caso in cui il manufatto sia stato realizzato, ad es., in area demaniale o assoggettata a vincolo militare o in violazione della fascia di rispetto stradale, il condono non può trovare applicazione. Negli altri casi il condono non solo è applicabile in linea di principio ma può anche essere concesso se l’opera risulta conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Va detto che anche il Consiglio di Stato sposa il medesimo indirizzo, basato sulla c.d. riserva di amministrazione, secondo cui, sino a quando la domanda di condono non viene esaminata dal comune, l’opera non può essere demolita, operando il regime sospensivo di cui all’art. 38 della legge n. 47/85″. L’Avvocato Bruno Molinaro, oltre a sottolineare il fatto che in Parlamento non è ancora approdato il disegno di legge sulla graduazione degli abbattimenti già approvato – con accordo ‘bipartizan’ (centrodestra – pd) – dalla commissione giustizia del Senato, che, se calendarizzato e trasformato in legge, consentirebbe di salvare la casetta di Elizabeth dall’abbattimento, ha anche messo a nudo tutte le altre anomalie di questa triste vicenda, tra cui il fatto che, mentre la Procura generale non si preoccupa di attuare alcun cronoprogramma nelle demolizioni che colpiscono anche le case abitate, la Procura presso il Tribunale “mostra un volto più buono della legge”, destinando le esigue risorse economiche a disposizione alla demolizione dei manufatti allo stato rustico. Qualcuno parla di discrezionalità, qualcun altro parla di arbitrio in riferimento all’inflessibile modo di procedere della Procura Generale. “Io personalmente – ha aggiunto Molinaro – ritengo che quest’ultima non si renda responsabile di alcun arbitrio perché la legge non distingue tra case abitate e manufatti al grezzo, mettendo le sentenze di condanna tutte sullo stesso piano. Tuttavia, il dato nudo e crudo è che attualmente, mentre la Procura Generale sta demolendo anche le case abitate senza che nessun ostacolo giuridico si frapponga alla sua doverosa azione esecutiva, la Procura presso il Tribunale opera secondo un diverso criterio e, per la gente comune, fa bene a dare esecuzione a quelle sentenze che, interessando soltanto opere al grezzo, ristabiliscono la legalità violata e, nel contempo, evitano drammi umani e sociali dalle conseguenze incalcolabili. Infine, in ordine al fatto che, nel caso di Elizabeth, a demolire sia il comune di Procida, l’Avvocato Molinaro ha ricordato che, secondo alcune sentenze della Cassazione, anche a Sezioni Unite, solo il pubblico ministero e non anche la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di procedere alla demolizione, essendo inammissibile la delega delle relative funzioni. “In questo caso – ha aggiunto l’Avvocato Molinaro – non siamo nemmeno in presenza di una mera attività collaborativa, ma piuttosto di una vera e propria investitura formale del Comune con conseguente confusione dei ruoli istituzionali”. In pratica, il sindaco diventa pubblico ministero e, in tale veste, procede all’abbattimento. “Ma questo non è possibile perché secondo l’art. 655 del codice di procedura penale è il solo pubblico ministero a dover curare di ufficio l’esecuzione dei provvedimenti”.

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