GLI ISCHITANI SONO FELICI? I DUBBI DI DON CARLO CANDIDO, ED IL MALE OSCURO: LA DEPRESSIONE

Ischia è sempre stata definita un’isola felice e sotto tanti aspetti lo è: nell’effervescenza, varietà e rigogliosità della natura, per le bellezze naturali, per la dimensione ancora umana che c’è nei rapporti e nelle relazioni interpersonali… e mentre sottolineiamo questa dimensione di isola felice, il mio pensiero va a quando ero giovane, dove davvero era così.

Come sacerdote e come persona che ascolta tanti pesi che sono nel cuore degli altri, posso dire che oggi quest’isola è felice solo di facciata: c’è un vuoto nel cuore delle persone che fa spavento! Non solo nei ragazzi ma anche negli adulti. Davvero c’è una fatica di vivere, del campare come si dice a Napoli, dove anche l’espressione napoletana tiramm a campà non esorcizza questo malessere profondo, dove un virus inarrestabile si va diffondendo sempre di più. Sempre più mi capita di asciugare lacrime di ragazzi, giovani, adulti, anziani.

Un giorno durante la mia visita nelle case nel territorio parrocchiale ho trovato un anziano che piangeva. Questa persona soffriva del ‘male del secolo’. Pensavo avesse un cancro. Invece era depressione… Ad Ischia ci sono persone simili ai cosiddetti corpi morti in mare.

C’è oggi un avvelenamento costante e progressivo delle relazioni. Io ricordo di essere cresciuto in un tempo in cui la chiave era lasciata fuori la porta. Oggi le nostre case sono diventate un bunker, c’è paura dell’altro, del diverso, del vicino, anche per tutte le ferite ricevute.

Come dico sempre, c’è tanta gente che pensa in modo sciocco che il male non abbia delle conseguenze, che un male fatto 20 anni fa non abbia ripercussioni nel tempo. Noi trasmettiamo ai nostri figli non solo le tare psicologiche ma anche quelle spirituali e fisiche, il male non è come lo yogurt, non ha una data di scadenza purtroppo. Il male avvelena rapporti, crea solitudini. Peculiarità come l’accoglienza e l’amicizia che erano tipiche di noi ischitani vanno scomparendo, gli anziani li mettiamo da parte, corriamo sempre di più, va avanti solo chi regge certi ritmi competitivi, e allora i più anziani e fragili non ce la fanno. Un uomo di 55 anni che perde attualmente il lavoro sulla nostra isola difficilmente avrà la chance di ricominciare e di fare esperienza di un nuovo lavoro perché si cerca di assumere ragazzi sottopagati e sfruttati al doppio delle ore lavoratore: quello che non si può chiedere ad un 55enne ovviamente. E’ una società anche quella ischitana che sta inventando la rottamazione delle persone. E’ una società dove si bruciano le relazioni, cresce la diffidenza, dove trovare un lavoro diventa un’impresa specie ad una certa età, dove se non produci e non hai certi ritmi sei da rottamare, e tutto questo crea grossi drammi interiori.

Abbiamo dati altissimi di manifestazioni depressive sulla nostra isola, almeno il 60% della popolazione ne soffre, in forme diverse, alcune manifeste e visibili, altre latenti ma ugualmente  presenti  nell’insoddisfazione  della propria vita. Questo nasce sempre ovviamente credo proprio dalle relazioni familiari e tra le famiglie, dove anche il livello di faziosità, divisioni, rancori, sono in aumento. Siamo tra i comuni con la percentuale più alta d’Italia di cause civili, e tutto questo non fa altro che portare ad un peggioramento della qualità della vita. Oggi questa qualità sta venendo sempre più meno, stiamo perdendo l’eccellenza di Ischia, quella che altri ci invidiavano e questo ci impoverirà enormemente. Credo che dobbiamo recuperare questi rapporti: genuinità, spontaneità, franchezza dei rapporti che era tipicamente nostra, dobbiamo arrivare ad una pacificazione dei rapporti che è poi pacificazione dei cuori, alla base di una vita finalmente bella. Stiamo anche noi come dice Papa Francesco, cadendo nella trappola di una società dove cresce la cultura dello scarto. Dietro tante porte delle nostre case c’è tanta sofferenza, debolezza, tristezza, abbandono, solitudine.

E la cosa peggiore è che sembra che nessuno se ne accorga. Sembra che queste persone siano trasparenti. Invece queste persone stanno accanto a noi, ma per il nostro rumore, per il nostro correre, per il nostro essere schiavi del profitto produciamo solo il consumo dei rapporti, del nostro cuore e della nostra anima. Basti pensare il grosso aumento in modo esponenziale di persone con disturbi psichici. E’ ovvio che non ci sia più speranza e fiducia nella vita,

perché questa è una società che toglie la speranza. Molti mi hanno chiesto: aiutami a ritrovare la speranza! Questo chiedono le persone, un po’ di ascolto e di condivisione. Una volta un giovane non credente, mi disse che “dopo aver vissuto l’esperienza umiliante di pagare qualcuno perché mi ascoltasse, tu sei l’ultima speranza”.

Cosa invece rallegra la vita? il “perdere tempo” per gli altri. Questo dà qualità alla vita. San Pietro scriveva alla sua comunità dicendo: “siate pronti a rendere ragione della speranza che è in voi, e questo è il nostro compito, portare gli altri a chiedere perché noi siamo uomini di speranza”.

Molti nostri giovani stanno andando via da Ischia. Ed è triste questo! Un paese che non da futuro ai propri figli è un paese che ha fallito e che è destinato a finire. Hanno fallito i nostri padri, la politica, la scuola, la società civile, la famiglia, la Chiesa.

Un paese che vede tanti giovani e tante eccellenze andare via perché non c’è futuro è tristissimo. Un paese che vede tutto questo e non fa nulla è sconfitto. Questa terra così bella che è Ischia da madre diventa matrigna perché ha ucciso la speranza nel futuro di tanti giovani, perché ha tolto la speranza di un futuro bello nel loro cuore,

perché ha lasciato inevasi tanti sogni e desideri; questo è dolorosissimo: vedere tanta solitudine e abbandono dietro le nostre porte, tanti giovani che vanno via e quelli che restano devono accettare forme di schiavitù nei luoghi di lavoro. Credo che il ruolo della Chiesa, della comunità parrocchiale, movimenti, sacerdoti, sia quello di diventare compagni di viaggio come Gesù ad Emmaus, di quei due tristi e delusi: Lui diede motivazioni per ricominciare e riprendersi. Anche noi se non ci facciamo compagni di viaggio avremo deluso, tradito e fallito, deluso le loro aspettative e attese.

Invece come amava dire Giovanni Paolo II noi vogliamo essere i collaboratori della vostra gioia e i sostenitori della vostra speranza. La depressione oggi batte il tumore in termini di numeri. Il male del secolo è proprio la depressione.

Don Carlo Candido, direttore ufficio diocesano per le comunicazioni sociali Gae

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