(Adnkronos) – La maggiore prevalenza di disforie di genere nelle classi socieconomiche più disagiate a maggior ragione farci interrogare su quanto le disforie di genere siano ‘espressive’ di una dissonanza tra la biologia e la psiche, che va aiutata ad esprimersi compiutamente e invece quanto siano ‘difensive’ rispetto ad una sofferenza che potremmo indirizzare meglio ed aiutare a risolvere mantenendo l’identità di genere biologica. Anche magari consentendo quell’espressione di un desiderio omosessuale o bisessuale – precisa – senza l’intervento farmacologico e chirurgico sul corpo. In particolare, le forme primarie è molto importante siano confermate prima della pubertà, perché le decisioni farmacologiche e chirurgiche da intraprendere sono essenziali per consentire poi un passaggio verso il sesso desiderato molto più facilitato”.
Consentire ad un maschio che si sente femmina “di non avere tutto lo scatto testosteronico che conduce allo sviluppo di un corpo decisamente mascolinizzato … consente poi una evoluzione molto più credibile. E poiché stiamo parlando di minori – ricorda la sessuologa – si può intervenire su una zona di ‘hold on’ (attesa – ndr) in cui noi ritardiamo la pubertà e non prendiamo decisioni drastiche, perché a 12 anni – conclude – sono ancora bambini”. (di Roberta Lanzara)