NON LA VEDI, LA SENTI: E’ L’ISOLA PIU’ BELLA!… DI ANTIMO PUCA

Esiste qualcosa. Che si racconta. Che parla a chi è più consapevole. Perché qui ci sono nobili pietre e grandiosi passati. Terra e acqua viva. Che fanno un mondo fuori dall’ordinario. In cui sono immerse le opere dell’uomo. Cosi tanti secoli di storia. Cosi tante deviazioni impongono i passi, seguendo tortuosi fili invisibili. Che legano l’isola a tutto ciò che c’è oltre. Vicino. Ed anche un po’ più in là. Un’Isola di silenzio. Appena interrotta da una battuta in dialetto. O dalle onde increspate di una barca che trasporta merci per chi la vive ancora. Un chiostro dove ogni rumore si fa vano e rimane l’essenziale. Di straordinaria bellezza naturalistica. Paesaggistica. Con uno dei mari più belli al mondo. Ma anche con una particolare veste culturale di tutto rispetto, frutto di una civiltà e di un dialetto che si basa su almeno tre ceppi linguistici. Un viaggio nello spazio e nel tempo alla ricerca di un mondo senza confini che parlò il greco, il turco, l’arabo dalle mille sfumature, il francese e lo spagnolo. Ischia appare quando ci si prende il lusso di fare una scelta. Smettendo di seguire le masse per paura di smarrirsi. Quando ci si informa o ci si affida a qualcuno che sa. E non è più la notizia che fa rumore di giovani che si tuffano o di bivacchi improvvisati. E’ Ischia. Che sa di Mediterraneo. Infinite storie. Legate le une con le altre. Che partono e arrivano. Toccando il porto di questo mare. Immenso nella sua diversità. Orde di persone riescono laddove Attila non potè: assediare con il rumore e il consumo veloce fragili equilibri millenari. Un turismo insostenibile sembra divorare ogni cosa. Ogni possibilità di fuga. Non serve nemmeno scomparire negli angoli più remoti. Basta veramente spostarsi di qualche metro ed ecco apparire un’isola normale per quanto possa mai esserlo. Un’isola che è solo un angolo di Mediterraneo. Amalgama caotico di case, barche, odori e sensazioni che portano lontano dal mondo moderno standardizzato. Il turismo di massa sta da tempo ferendo questo mondo fuori dal mondo. Che va non solo preservato ma reso vivo. Perché abbiamo bisogno di non vedere automobili quando camminiamo. Di starcene in pace a fissare i riflessi del sole che chiazzano l’acqua. Che risplendono su un muro antico. Ischia è un esempio tra i tanti di incuria. Potremmo vivere di ciò che abbiamo ereditato mettendo a frutto tale inestimabile tesoro. Semplicemente amministrandolo con diligenza. Curandolo. Conservandolo e restaurandolo con accortezza. Valorizzandolo con sapienza. Promuovendolo con politiche intelligenti. Potremmo vivere in un Eden e far prosperare i nostri figli. Eppure accade esattamente il contrario. Non solo non lo facciamo ma ci si prodiga per sperperare, mortificare e avvilire tutto ciò. Dal consumo di suolo alla avida cementificazione. Dallo sfacelo dei Beni architettonici alla luce del sole. Sino alla costante riduzione dei fondi per la cultura. La Bellezza è una missione. Una sentinella nell’aridità intellettuale e morale di un’Ischia svenduta a vili e avidi mercanti che hanno concentrato tutte le attenzioni su ben altre ricchezze: costruzioni, rifiuti. Ischia è fallimentare nel fare “sistema”. Nell’organizzare e proporre turismo. Dissoluta. Sprecona. Costantemente in fieri. Comuni e borghi storici più belli non sono adeguatamente proposti come accade in Francia. Le infrastrutture interne esistono ma sono male utilizzate. Ci sono Comuni che si distinguono tanto per amore, attenzione, cura del territorio e buona amministrazione quanto per incuria. Nonostante siano connotati dalla stessa bellezza. Ci si reca in visita a luoghi particolarmente suggestivi trovandoli chiusi e nemmeno indicati adeguatamente. Pur avendo mare e spiagge da sogno Ischia non ha depuratori. Non si cura adeguatamente la raccolta differenziata soprattutto quando in estate decuplica la popolazione. Giro l’angolo. Abbandono la strada. Fuggo dal formicolare. Un’Ischia non turistica è una passeggiata senza il frastuono di chi non riesce mai a stare in silenzio e godersi il mondo intorno a sé. E’ poter respirare senza venir urtati da chi usa i monumenti per celebrare il proprio ego attraverso un selfie. Non significa cacciare tutti e chiudersi al mondo. Significa diventare consapevoli e rallentare. Aspirando ad un turismo lento ed attento al bisogno di quiete.

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