OSPEDALE RIZZOLI. E’ FUGA DEI MEDICI, ORGANICI RIDOTTI E PERSONALE CON ORARI MASSACRANTI

Mentre si sta svolgendo la manifestazione promossa dal Cudas a difesa della Sanità sull’isola d’Ischia, raccogliamo il grido di allarme che giunge dall’interno dell’ospedale Rizzoli. Una persona molto bene informata su quanto avviene nel nosocomio lacchese, ci ha comunicato la sua grande preoccupazione.

“Voglio far presente che gli organici sono ridotti ai minimi termini. I pochi operatori in servizio sono costretti a gestire vite umane in condizioni del tutto precarie,oltre che ad essere caricati di turni massacranti, senza minima possibilità di recuperare le energie e garantire maggior efficienza.

Il nostro ospedale, l’unico dell’isola, è punto di riferimento per l’utenza, a partire dal banale controllo fino alla più seria emergenza. E tutto questo non si può fare con poche unità in servizio: è inevitabile che qualcosa finisca per essere trascurato. Ci lamentiamo sempre e solo dei medici, degli infermieri, degli operatori socio-sanitari. Ci lamentiamo dei tempi di attesa al pronto soccorso. Ma abbiamo idea di cosa significhi non poter avere la possibilità di concentrarsi sui casi clinici più difficili perché contemporaneamente non c’è nessuno che si occupa di altre problematiche, che comunque non vanno trascurate? 

Molte attività ambulatoriali sono state sospese perché non c’era assoluta possibilità di portarle avanti.

Nessuno vuole venire a lavorare sull’isola per oggettive difficoltà logistiche, i pochi che vengono cercano la minima occasione utile per andarsene. Gli spostamenti via mare hanno un loro costo, cui si somma la difficoltà di raggiungere i porti. Non sono previste corse aggiuntive, non è possibile prenotare il posto, gli abbonamenti sono per una sola compagnia e per poter prendere un mezzo di un’altra compagnia bisogna recarsi al porto in anticipo per fare il voucher. Il pendolare non è un turista, va in qualche modo tutelato. In caso di maltempo o di ritardo nello smonto si può essere costretti a pernottare sull’isola e a non poter raggiungere le proprie famiglie. Chi ha provato ad affittare una casa come punto di appoggio si è trovato costretto a sborsare cifre esorbitanti. In terraferma costa molto meno andare a lavorare ed è tutto più semplice.

Il riconoscimento dell’isola come sede disagiata è essenziale, il nostro ospedale non può essere equiparato agli altri ospedali presenti sul territorio nazionale. Occorrono personale e servizi, anche quelli che non sarebbero previsti sulla base del bacino di utenza. Siamo 60.000 abitanti, ma c’è un numero elevatissimo di turisti che comunque afferiscono all’ospedale, di cui le amministrazioni sembrano non tenere conto.

Il riconoscimento del disagio garantirebbe maggiori dotazioni alla nostra struttura e inoltre assicurerebbe al personale proveniente dalla terraferma un incentivo economico utile a coprire i maggiori costi del lavoro sull’isola.

Purtroppo, come abbiamo visto in altre occasioni, le scelte politiche si muovono sempre in un altro senso, ma è necessario che continuiamo a far sentire la nostra voce. Tutti abbiamo l’interesse che la sanità sull’isola sia adeguata alle reali esigenze, per noi, per i nostri familiari ed anche per la clientela di alberghi, ristoranti, esercizi commerciali, strutture che fanno l’economia locale”.

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