LA LETTERA DEL PAPA AI VESCOVI. FRANCESCO SPINGE PER SUPERARE LA CULTURA DELLA PEDOFILIA

L’episcopato statunitense è uno dei più grandi del mondo ma anche uno dei più esposti al contagio degli abusi sui minori. Indicando loro un cammino di conversione il papa chiarisce le sue intenzioni per giungere a una Chiesa rinnovata dal Vangelo.

di Carlo Di Cicco, vaticanista

La lettera dell’1 gennaio 2019 di papa Francesco ai vescovi degli Stati Uniti rimarrà a lungo nella memoria della Chiesa cattolica  statunitense per i toni inusuali e determinati cui lo scritto papale fa ricorso e per l’orizzonte impegnativo che apre ai vescovi chiamati a una conversione umile e fedele al Vangelo e ridare così credibilità alla Chiesa scossa dallo scandalo degli abusi sessuali. La stessa riunione speciale della Conferenza nel seminario della diocesi di Chicago per gli esercizi spirituali, è un segno che parla di necessità di pentimento. La lettera va perciò letta e compresa anche nel clima penitenziale del ritiro spirituale suggerito in precedenza da Francesco per alcuni giorni di preghiera e discernimento in vista dell’incontro a Roma in febbraio dei presidenti degli episcopati del mondo per superare  la “cultura dell’abuso”.I vescovi attendevano lo stesso pontefice tra loro come predicatore del ritiro spirituale. Impegni particolari e pressanti hanno fatto desistere il papa dall’andare negli Stati Uniti ma – caso unico – ha inviato il suo predicatore Raniero Cantalamessa a dettare le riflessioni spirituali ai vescovi.

Un documento per guidare il dibattito

Lo scritto papale, lunghissimo (8 pagine) rispetto ai testi per lo più brevi del papa, è come un documento di lavoro che può guidare il dibattito e la meditazione dei vescovi richiamati a trovare un punto unitario e condiviso per una nuova partenza pastorale nella gestione della pedofilia dei chierici dopo gli scandali tanto diffusi e gravi che hanno colpito non solo sacerdoti e religiosi ma anche vescovi e perfino cardinali. Una situazione che nel tempo era divenuta marcia poiché si protraeva da anni, non addebitabile perciò all’incuria di Francesco. Sono i vescovi – sembra chiarire la lettera – che devono assumersi la responsabilità di un fallimento che ha seminato sconcerto nella Chiesa minando alla base la stessa credibilità delle istituzioni.

Separare le responsabilità

Basta quindi l’allegra e disinvolta gestione dei soldi che poteva forse dare un vago senso di onnipotenza, quasi fosse la Chiesa un’azienda multinazionale qualsiasi invece che la comunità dei discepoli del Vangelo; e basta con il coprire sistematico e tollerante di casi di pedofilia, un male troppo grande per essere tollerato. Mentre Francesco separa le responsabilità proprie dei vescovi e cardinali statunitensi nell’affare pedofilia dalla sua azione di governo centrale e – rispondendo in tal modo anche alle critiche che ne chiedevano le dimissioni per mancato controllo – invita nello stesso tempo i vescovi superare discussioni e divisioni stringendo un nuovo patto per una nuova stagione cristiana, più evangelica, negli Stati Uniti.

Insieme per il cammino penitenziale

Non è certamente facile risalire la china specialmente quando ancora sono parecchie le procure che indagano e  formulano accuse e chiamano vescovi sul banco degli imputati per mancato controllo sul clero che ha potuto esercitare l’abuso restando impunito. Il papa si dice disposto a fare insieme il cammino penitenziale, avendo però la coscienza tranquilla perché non si è mai lasciato coinvolgere nella colpa.

Non si illude che sarà facile

Il grande scenario aperto dal concilio con il principio di collegialità per bilanciare l’autorità papale gestita in solitario, ha portato grandi benefici alla Chiesa e altri ne porterà ma richiede da parte delle conferenze episcopale una maturazione collegiale anche al proprio interno nella responsabilità  verso il popolo di Dio. Non possono più lavorare con pressapochismo ma con competenza e volontà di farsi carico del cammino dell’intera comunità presente nei diversi Paesi.
Collegialità si declina con responsabilità condivisa. L’indicazione in tal senso di Francesco appare uno dei pilastri della lettera che serve a dare credibilità alla spinta evangelica che deve tornare ad animare l’azione delle Chiese particolari. Francesco non si illude che sarà facile, ma insiste perché si passi ad avviare processi virtuosi verso queste mete che meglio danno forma all’opera dello Spirito santo che non cessa di animare la Chiesa. Non a caso il papa ha scelto come tema della predicazione del padre cappuccino Raniero Cantalamessa ai vescovi il seguente: “Ne costituì Dodici, perché stessero con lui e per mandarli a predicare”, cioè ad annunciare l‘evento di Gesù.

E’ un tassello di un processo

In tal senso la lettera del papa non è un episodio staccato, ma un tassello di un processo che Francesco ha avviato per una riforma di grande respiro della Chiesa ma che potrà riuscire e avere significato nel nostro tempo e per il futuro solamente quando i cristiani e in prima fila i loro pastori s’incammineranno in modo visibile e credibile nell’imitazione di quel Gesù di Nazaret da cui tutto ha preso avvio tra coloro che decidono di farsi suoi seguaci.

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