SANT’ANNA. L’ASSOCIAZIONE PIDA ESULTA PER LA VITTORIA DI “LIBERAMARE”

LiberAmare, la barca dell’Associazione PIDA, vince l’ottantaseiesima festa a mare agli scogli di S. Anna.

“Il miglior modo per prevedere il futuro è inventarlo.” Cosi scriveva F. Ford
Coppola, genio del cinema moderno e regista di pellicole come Il padrino ed
Apocalypse Now. Ed in realtà, l’edizione che si è appena conclusa dell’86ma festa a
mare agli scogli di S. Anna da qualcuno è stata interpretata come una vera e propria
apocalisse rispetto ai canoni “tradizionali” della festa, ovvero del concetto di barca
allegorica. Merito per i più e colpa per chi è arrivato secondo è stata l’idea
rivoluzionaria di barca portata in scena per la prima volta dagli architetti
dell’Associazione PIDA, Premio Internazionale Ischia di Architettura.
Un’avventura iniziata due mesi fa quando decidemmo di accettare la sfida del
direttore artistico della festa, Cenzino Di Meglio, il quale, in un una riunione
preliminare con chi fosse interessato a partecipare disse: “quest’anno dovete
regalare al pubblico barche spettacolari, dovete metterci cuore, passione e
inventiva, perché la Festa di Sant’Anna è da sempre innovazione e originalità”. Da
quel giorno queste parole iniziarono a scolpire l’idea di barca che man mano prese
forma cercando di rispondere al meglio il tema che a sorteggio ci fu assegnato,
ovvero raccontare la Napoli tra gli anni ‘70 e ’90, quella dei miti come Pino Daniele,
Massimo Troisi e Diego Armando Maradona.
Analizzando quel periodo emergeva forte e chiaro il sentimento di riscatto, la voglia
di evadere dai cliché sociali e culturali che ingabbiavano Napoli a “na carta sporc e
niscuno se ne importa”. Senso che in quegli anni fu in parte appagato dalla vittoria
dello scudetto, dai film di Troisi e dalle canzoni di Daniele.
Ma la barca viene costruita oggi, nei nostri tempi, e come si fa a negarle la
possibilità di lanciare un messaggio utile alla società in cui viviamo, sarebbe una
grande occasione persa. Ed ecco che da quelle gabbie si vogliono liberare altri
preconcetti, quelli legati a chi non perdona un carcerato e lo condanna a vita anche
se ha espiato la sua pena o magari non aveva colpe; quelli legati a chi ha un colore
diverso dal tuo o che venga da un paese meno ricco e fortunato del tuo, a chi pensa
che le gabbie psicologiche in cui ci intrappoliamo siano una malattia incurabile, a
chi vuole bene a qualcuno del suo stesso sesso, a chi pensa che la donna sia solo
un oggetto del piacere ed un essere inferiore.
Questa voglia di riscatto e libertà dai preconcetti si trasformano in una gabbia che
nel suo mutarsi usa il sentimento e l’amore per aprirsi e affrancare agendo le armi
della bellezza, della sorpresa, della musica e del cinema, arrivando al cuore
attraverso la vista e l’udito.
Una macchina scenica SEMPLICEMENTE COMPLESSA che a guardarla spenta
risultava banale e quasi senza senso, ma che nascondeva nella sua semplicità
geometrica sorprese e magie che le hanno permesso di conquistarsi non solo il
primo premio della giuria presieduta da Sylvain Bellenger, direttore del Museo e
Real Bosco di Capodimonte, ma anche quello della giuria popolare intitolato al
giornalista Domenico Di Meglio, che con il fragoroso e lungo applauso
accompagnato della sirene delle imbarcazioni l’hanno conclamata vincitrice nel
cuore degli spettatori, quello per la barca più innovativa intitolato ad Andrea Di
Massa ed infine il premio Nerone per la barca che rievoca meglio le più antiche
tradizioni. Un poker che fino ad oggi non si era mai realizzato.

“Finalmente una barca che si vedeva bene dall’inizio alla fine su tutti i lati e non
dovevi aspettare che ruotasse verso di te e ti passasse vicino per capirla, bravi!” E’
uno dei commenti che aiutano a capire il perché di una scenografia sviluppata
intorno ad un cerchio. Aspetto che se da un lato semplificava ed aiutava, dall’altro
ci obbligava a farle cambiare più volte coreografia e messaggio nei suoi venti minuti
di evoluzione. Normalmente sfilano barche che hanno un lato predominante dove
avviene la scena principale che nel suo percorso man mano si ripete più volte
presentandosi agli spettatori che nel periplo della baia l’aspettano. Nel nostro caso
la scelta di una forma semplice ha reso più complessa la soddisfazione dell’attesa.
Il silenzio è una condizione ambientale che con migliaia di persone è difficile
aspettarselo, eppure era li, magicamente ad accompagnarci, figlio della
concentrazione e dell’attesa, misura della magia che dalla barca leggevamo negli
occhi di chi ci osservava, interrotto a gratificarci solo dagli applausi e dalla felicità
che ad ogni cambio di scena ci veniva donata. L’energia che si respirava al centro
della scena era indescrivibile…
In sequenza crono logica le scene che si sono alternate hanno visto aprire le danze
alla band di Emanuele Belloni, cantautore che, sulle proiezioni di un racconto
disegnato ad hoc da Camilla Watkins, figlia d’arte di Matthew, porta sul palco un
suo pezzo dal titolo Solo cose più buone, la storia di un portantino che lavora nelle
carceri di Rebibbia. Il corridoio percorso dal portantino è un viaggio verso il
percorso rieducativo che ciascun carcere deve garantire ai suoi detenuti. La
detenzione non è la colpa, neppure la pena ma una fase di riflessione che ciascun
carcerato affronta come un romantico eroe. La libertà è la presa di coscienza che
passa attraverso ciascuno: per il detenuto è commisurata all’entità della colpa e per
la società acquisisce il senso di responsabilità che la definisce società civile.
A seguire la scena in cui vengono proiettate alcune immagini icone di quegli anni
che contestualizzano il periodo e raccontano attraverso il parlato la storia del
periodo assegnato dal tema.
Periodo del quale, subito dopo, vengono proiettate ritagli di perle della
cinematografia di Troisi quali Ricomincio da tre , alternati a video di Pino Daniele e
Maradona.
Sono passati pochi minuti e sul video di Je so pazz si spengono i proiettori che
lasciano il posto alle sagome dei figuranti con un semplice gioco di luci ed ombre
giganti manifestano la loro pazzia ed irrequietezza che alla fine sfocia nel rompere la
gabbia e far cadere il telo che li separa dalla libertà. Sugli spalti vengono lanciati dei
palloni giganti illuminati che fanno giocare e tornare bambini gli spettatori agendo
attraverso il gioco il senso di libertà e spensieratezza che si vuole trasmettere. La
canzone viene continuata “dal vivo” dalla voce di Sara Sileo che, accompagnata
dalla chitarra di Belloni, dai fiati di Alessandro Papotto e dalle percussioni di
Massimo Ventricini, intonano un medley di Yes i know my way e a me m piac o
blues. E mentre i musicisti suonano Pino vengono messi in scena spezzoni di
quella Napoli, il sangue di San Gennaro che non si scioglie, il terremoto, Maradona
che palleggia, i contrabbandieri che smerciano sigarette, il postino di Troisi che con
la sua bicicletta gira in tondo, gli scugnizzi che giocano e le comare che civettano
riempiono la zattera di teatralità.
Nella sesta scena scatta la sorpresa più grande, il concetto di libertà prende la
forma di quattro acrobate, due su cerchi (Raffaela Gianfrano e Mariagrazia Manzo) e
due su tessuti (Claudia Salomone e Gigliola Acunto) che sui relativi quattro bracci
che intanto si sono aperti sulla cupola, si librano in volo volteggiando ed
incantando la baia mentre la band suona Sentimento degli Avion travel. E’ il

momento clou dell’esibizione in cui tutta la pesantezza della vita lascia il passo alla
leggerezza dell’essere liberi.
La settima scena racconta invece il sentimento dell’amore e sulle note di Qualcosa
arriverà le comparse iniziano ad abbracciarsi, ballare e baciarsi.
Libertà ed all’amore sono i sentimenti di cui l’essere umano sente più il bisogno.
L’ottava ed ultima scena è affidata alla spensieratezza, effetto del benessere dato
dall’amore e dalla liberta. Ed è qui che sulle note di Figli delle stelle tutti i presenti
sulla barca, ballando, terminano la loro performance tra gli applausi e le sirene delle
barche, con la consapevolezza e soddisfazione di essere riusciti a ricevere e donare
emozioni…
Sono stati giorni in cui chi scrive si è sentito alla punta di un’iceberg fatto di
persone meravigliosamente volenterose e tenacemente visionarie, a tutti loro va la
mia stima, il mio ringraziamento ed abbraccio. Dedico questo risultato a mia madre
Lucia ed ad alcune persone a me care che non sono più qui, l’adorata zia Anna e
mio padre Luigi che insieme ai fratelli ed a mio nonno Federico ormai trenta e più
anni fa realizzavano anche loro barche con le quali alcune volte vincevano per la
qualità artistica messa in campo.
Concludo con un una frase di Oscar Wilde che forse racchiude meglio di altre il
risultato di questa edizione della festa, “La tradizione è un’innovazione ben
riuscita”.

Giovannangelo De Angelis

LiberAmare è stata realizzata grazie alla generosità ed alla passione di degli
architetti dell’Associazione PIDA e di alcuni dei costruttori storici delle barche di S.
Anna.
Idea e disegno: Andrea Mattera, Giovannangelo De Angelis, Vania Ferrandino;
Strutture e Collaudo: Vincenzo Marziano e Ciro Pesce; Lavori in quota: Giuseppe
Morgera e Fiorella Amendola; Coreografia: Lucia Regine, Simone Verde, Giuseppe
Trani, Evanna Oliva, Salvatore Iacono; Videografica: Luciana Lato e Camilla
Watkins; Luci: Andrea Mattera; Direzione Lavori: Vania Ferrandino; Montaggio ed
effetti speciali: Giovannangelo De Angelis; Coreografia tra il pubblico: Luigi De
Angelis, Luigi Alessandro Candolfi, Rossella Bello, Alexandra Mattera, Camilla
Watkins; Comparse: Vincenzo Trani, Imma Formisano, Teresa Marino, Zambia
verde, Paolo Caruso; Tecnico Luci: Lucio Sabatino; Bozzetto: Felix Policastro;
Sponsor: ECO FERRO – ECO ART, PIZZERIA CARUSINO, ELLISSE
CONTROSOFFITTI , TAPPEZZERIA GRILLI, PATALANO COSTRUZIONI, CELESTINO
VUOSO COSRUZIONI, LIGHTING SERVICES, IMPRESA EDILE GIOVANNI
MAZZELLA, MAZZELLA COSTRUZIONI, FAST SERVICE MORGERA, FEDERICO
LOMBARDI TRASPORTI, ISCHIA VERTICALE , CAI CLUB ALPINO ITALIANO ISCHIA,
IL GATTOPARDO HOTEL TERME, ATELIER DELLE DOLCEZZE.

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