FESTE PATRONALI E COSCIENZA: RIFLESSIONE CONDIVISA

Con l’approssimarsi dei mesi estivi il calendario si intensifica con gli appuntamenti legati alle feste patronali ischitane, sempre capaci di richiamare l’attenzione di religiosi e semplici curiosi. La festa in sé, il cui confine tra aspetto religioso e aspetto pagano risulta fluttuante, deve ispirarsi a valori della autenticità e della essenzialità. Il senso religioso è foriero di contributi importanti e imprescindibili. E’ quindi impensabile che, nella organizzazione di tali feste, vi siano manifestazioni che non hanno nulla in comune con lo spirito
evangelico di cui sono portatrici, un aspetto sul quale la Diocesi di Ischia è sempre impegnata con coscienza. I pur sempre criticati aspetti esteriori, infatti, non sono solo una trovata recente, ma hanno radici forti nella tradizione di una festa e, specialmente in questo periodo di forte crisi economica, non possono eccedere nello spreco. E’ necessario mantenere viva la collaborazione tra le amministrazioni, non solo per fare il punto sull’aspetto economico, ma anche per far si’ che la festa sia veicolo di temi religiosi e
non solo meramente spettacolari. La Pietà popolare, crocevia di cultura, liturgia, tradizione e strumento privilegiato di aggregazione e di fede, costituisce una ricchezza inestimabile e, attraverso l’osservanza di tempi e spazi rituali, apre la strada alla cosiddetta religione del cuore, autentica adesione di fede alla
proposta di Dio. Le feste patronali hanno un altissimo valore simbolico, poiché si collegano ad antichi riti propiziatori e di purificazione legati indissolubilmente ad antiche cerimonie pagane. Nei primi anni del cristianesimo, infatti, la chiesa ha disposto le proprie feste nelle date di quelle pagane rendendo possibile,
da parte del popolo contadino, l’accettazione della nuova religione. Non è un caso, quindi, che molto spesso le feste patronali si svolgano nei periodi a ridosso di importanti avvenimenti legati soprattutto all’agricoltura, come la semina dei campi, la raccolta o la vendemmia. Ischia, esposta da sempre ai contatti
con gli atri popoli del Mediterraneo, è una terra ricca di cultura e tradizioni, dove sacro e profano, paganesimo e Cristianesimo convivono nelle numerose sagre e feste patronali che animano per lo più i mesi estivi. Le feste patronali sono tante. Ogni Comune, ogni frazione ha il proprio santo protettore che viene celebrato, venerato e portato in gloria con grande partecipazione da parte della cittadinanza. Pur conservando le proprie peculiarità, queste manifestazioni presentano dei caratteri comuni quali la
processione, la banda operistica e i fuochi pirotecnici. Dobbiamo prendere atto di come a volte tali feste siano organizzate con uno spirito poco evangelico. Offro una indicazione impegnativa per tutti: destinare una percentuale della spesa complessiva della festa ad un’opera concreta di carità legata al territorio stesso
nel quale si svolge la festa. Una festa più sobria o sottotono non può colpevolizzare la solidarietà. E’ squalificante anche il solo pensarlo. I tagli alle spese sono necessari se quanto raccolto non può coprire il
costo di ciò che è stato preventivato. Non si può pensare- a titolo di esempio-una illuminazione sfarzosa se non ci sono delle rassicuranti coperture economiche. Lo stesso vale per ogni voce in preventivo. Questo non va in nessuna maniera ad inficiare sul rispetto e la continuità delle tradizioni più volte tirate in ballo.
Chi sostiene questo dovrebbe chiedersi cosa intende per tradizione. La devozione e la processione non sono mai state messe in discussione. Se per tradizione si intende tutto l’apparato di contorno, il folklore, le luminarie, i fuochi, cose che comunque non devono essere del tutto eliminate, allora si è capito ben poco di
cosa significhi la devozione popolare. A proposito di delegati alla sezione amministrativa ed a proposito di nomine a direzioni artistiche, credo che questi dovrebbero avere una scadenza periodica, dovrebbero essere nominati ogni anno e a fine festa dovrebbero rassegnare le dimissioni in quanto l’incarico non è più
in essere. Ciò dovrebbe essere a garanzia di trasparenza e di legalità e non dovrebbe rappresentare minimamente un limite. Non è questo che si chiede-a titolo di esempio-anche ai rappresentanti delle
Istituzioni Civili, di non incollarsi in maniera definitiva alle poltrone? Perché non dovrebbe valere anche in
primis in ambito delle feste patronali? Un’ultima ed importante considerazione: una notizia, un articolo, un intervento possono e devono diventare uno strumento di costruzione, un fattore di Bene Comune, un acceleratore di strumenti di riconciliazione e devono sempre respingere ogni tentazione di fomentare lo
scontro con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, ma piuttosto favorire la cultura dell’incontro.
Anno 1848. Lo Statuto Albertino codifica per la prima volta in Italia la libertà di stampa come uno dei diritti fondamentali che uno Stato democratico riconosce ai propri cittadini. Un diritto confermato e perfezionato nell’Articolo 21 della nostra Costituzione Repubblicana. Nel lodevole immaginario dei nostri padri la libertà
di stampa intendeva essere un servizio efficace e affidabile, frutto di un libero confronto di idee, che portasse alla elevazione culturale, civile e sociale della collettività nazionale. Tuttavia fare unità nella
diversità spesso rimane un semplice, nobile intento e la libertà non sempre si unisce alla verità, fatta di sensibilità, equilibrio, coscienza, umanità, trasparenza delle fonti che alimentano gli strumenti della
comunicazione. Oggi tutti hanno la possibilità di condividere istantaneamente notizie. Ne deriva un ingorgo
comunicativo che attenua il diritto alla corretta informazione, rendendo l’affidabilità delle notizie più difficile da decifrare. Quanto affermato dal Papa ad un Consiglio Nazionale dell’ordine dei giornalisti italiano può essere di aiuto: -un giornalismo sano, – afferma Francesco, – è quello che evita le chiacchiere
ma informa sempre rispettando la “dignità umana”. Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre. Certo la critica è legittima e, dirò di più, necessaria, cosi’ come la denuncia del male, ma questo deve sempre essere fatto rispettando l’altro, la sua vita, i suoi affetti. Il giornalismo non può diventare un’arma di distruzione di persone e addirittura di popoli. Una notizia falsa è sempre “cattiva”, perché intacca la
relazione tra persone, violando la dignità delle stesse e talvolta di interi popoli. Mai scindere il vero dal bene. Il mio giornalismo vuole contribuire ad un futuro sostenibile di Ischia e di tutta la comunità ischitana, un contributo che l’informazione può, anzi deve dare, affinchè aumenti nella popolazione la coscienza
ambientale e chi governa possa affrontare seriamente l’argomento prendendo decisioni adeguate. Il mio intento è accompagnare la transizione ecologica verso nuovi valori, nuovi stili di vita e nuovi modelli di produzione e consumo stimolando i decisori, contribuendo al fare inchiesta, informando i miei concittadini
in modo approfondito ed affidabile.

Antimo Puca

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