DI ANTIMO PUCA. L’ALTRA FACCIA DI ALDO MORO

Una delle vicende più oscure della storia repubblicana.
C’è l’Aldo Moro statista, l’Aldo Moro vittima del terrorismo e poi c’è l’Aldo Moro che pochi conoscono,
docente innamorato del suo lavoro e le cui lezioni all’università erano sempre affollate anche nei giorni più
caldi della contestazione. Giorgio Balzani, amico dello statista, nei primi anni settanta aveva seguito alla
Sapienza di Roma il suo corso di Diritto Penale. I suoi studenti lo ricordano come aperto all’ascolto e mai
distante, che anche nei primi giorni dell’orrore non dimentica il suo impegno e in una delle lettere scritte
dalla prigionia prega di “portare il saluto affettuoso agli studenti”. Proprio il 16 marzo 1978, giorno del suo
rapimento e della strage dei cinque uomini della scorta, Moro aveva dato appuntamento davanti al
Parlamento a un gruppo di laureandi per farli assistere al discorso di insediamento del nuovo Governo
guidato da Giulio Andreotti. Mentre nel pomeriggio di quello stesso giorno avrebbe dovuto partecipare al
Consiglio di Facoltà dove era in programma la discussione delle lauree. Dopo l’attacco a Via Fani, nella Fiat
130 blu crivellata di colpi, fra borse e giornali, furono ritrovati i libri delle tesi, sporchi di sangue. Una delle
pagine più buie della storia italiana: il sequestro del Senatore Aldo Moro, due volte presidente del Consiglio
e quattro Ministro, segretario e Presidente della Democrazia Cristiana, fautore dell’apertura alle forze del
Pc, nota come compromesso storico, ucciso il 9 maggio del 1978 da appartenenti alle Brigate Rosse.
Quaranta anni dopo, rimane ancora una delle vicende più oscure della storia repubblicana, con molti punti
insoluti. Al di là e oltre il gruppo terrorista, si è parlato di tante altre piste legate alla P2, ai servizi segreti, a
Israele, agli Stati Uniti, alla Russia. E, a distanza di decenni, sempre nuove informazioni continuano ad
affiorare, la famosa e controversia lettera di Paolo Vi agli “uomini delle Brigate Rosse” -rimasta senza
risposta-, in cui chiedeva loro di liberare Moro, venne riscritta dopo una primitiva versione: chi è stato a
guidare la penna del Papa, chi fu l’ignoto suggeritore? Nessuno dimentica quel triste giorno. Dopo i sette
processi e le commissioni parlamentari di inchiesta, tante ipotesi ma nessun punto fermo. Una sola cosa è
certa, nessuno di noi dimentica. Si è creata una sorta di memoria collettiva. E’ uno dei pochissimi momenti
in cui l’Italia ha ritrovato l’Unità nazionale. Non esiste una persona, dal Nord al Sud, di qualsiasi estrazione
sociale e politica, che non risenta ancora nella pelle lo shock per la terribile immagine del 9 maggio
successivo, quella del corpo dello statista riverso nel bagagliaio della Renault 4 rossa in Via Caetani. Credo
che a mantenere vivo il ricordo vi sia anche, e forse soprattutto, il grande senso di incompiutezza, la
sensazione che ancora siamo in attesa di capire cosa è veramente successo. Ancora oggi per tanti ragazzi le
vicende del sequestro Moro e tutto quel complicato periodo degli Anni Settanta sono una specie di buco
nero. Aldo Moro andava in spiaggia in giacca e cravatta perché “gli italiani dovevano essere rappresentati
con dignità”. Dal carcere lo statista scrisse un biglietto al suo assistente pregandolo di scusarsi con gli
studenti perché quell’anno non avrebbe potuto portare a termine il corso.
“Per non dimenticare”.

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Antimo Puca, un italiano. “Alla memoria…”

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