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Fatture: quanto tempo vanno conservate?

Il termine di conservazione delle fatture dipende dal termine entro cui l’Agenzia delle Entrate può esercitare il controllo sulla dichiarazione dei redditi del contribuente.

A nessuno piace conservare scartoffie. L’era digitale ci ha sottratto la vecchia carta delle fotografie, delle lettere d’amore, degli estratti conto ed ora anche, per alcuni, delle multe stradali e delle cartelle esattoriali, ma siamo ancora lontani dal toglierci di torno i documenti fiscali. Un passo in avanti è stato fatto con la dichiarazione dei redditi precompilata e con le fatturePA nei confronti degli enti pubblici (che oggi devono essere per forza in formato elettronico), ma la gran parte delle fatture resta ancora cartacea. Sia quelle ricevute che quelle emesse. E sono queste che occupano gran parte delle nostre scaffalature, insieme a una miriade di bollette, ricevute di pagamento del condominio e del mutuo, atti di acquisto immobiliare, ecc. Insomma, il grosso della carta è ancora ben lontano dal passare sull’etere. Bisogna intervenire presto nell’opera di dematerializzazione visto che, al contrario, le case stanno diventando sempre più piccole. Abbiamo bisogno di spazio. Ecco perché ti sarai certamente chiesto per quanto tempo vanno conservate le fatture. Il problema, qui, non è tanto quello della prova di pagamento del debito e della relativa prescrizione del diritto di credito, ma il rapporto con l’Agenzia delle Entrate e la possibilità che il fisco ti chieda, un giorno lontano, di dimostrargli se davvero hai sostenuto una determinata spesa o se hai emesso una fattura a fronte di un pagamento ricevuto.

In questo articolo ti spiegheremo quindi per quanto tempo va conservata una fattura. Prenditi due minuti di tempo, perché tanto ti basterà per capire cosa fare e come comportarti con le carte che hai in archivio. Ma procediamo con ordine.

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Perché conservare le fatture?

Le fatture non sono prove di pagamento. E così sfatiamo una diceria comune. A meno che non vi sia sopra la firma dell’emittente con il timbro «Pagato», la fattura è un semplice documento fiscale – emesso solo per dichiarare l’esistenza dell’operazione all’Agenzia delle Entrate – ma non attesta l’estinzione del debito. Se, infatti, un giorno l’emittente dovesse pretendere il versamento dell’importo indicato in fattura non potresti esibirgliela come prova di pagamento. Dovresti tutt’al più mostrare una quietanza da questi firmata o una copia di un assegno o l’estratto del conto corrente da cui si desume il bonifico eseguito nei suoi confronti.

Un altro luogo comune è che la fattura o lo scontrino siano indispensabili per ottenere la garanzia. Non è così, benché ne dica il venditore: nessuno ti potrà costringere a mostrare un documento fiscale per avere riparato il prodotto difettoso. L’importante è dimostrare la data del pagamento (cosa che puoi fare anche con l’estratto della carta di credito o con un testimone).

Ma allora perché conservare le fatture? Per chi le emette è facile: dare prova al fisco di aver contabilizzato l’operazione e quindi dichiarato il reddito percepito. Per chi le riceve, la conservazione serve solo se la fattura è necessaria a una detrazione o qualche altro beneficio fiscale. Si pensi alla fattura emessa dalla ditta di ristrutturazione dell’appartamento per il bonus sui lavori edili o quella per l’acquisto di elettrodomestici. Dunque la conservazione delle fatture serve per avere le carte in regola in caso di qualche accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Per quanto tempo devono essere conservate le fatture?

Le fatture, emesse e ricevute, devono essere conservate, ai fini tributari, per un periodo minimo di 5 anni decorrenti dal 31 dicembre dell’anno in cui è stata presentata la dichiarazione alla quale si riferiscono le registrazioni (per i documenti relativi agli anni fino al 2015 compreso, è di 4 anni). Questo è infatti il termine ordinario entro cui l’Agenzia delle Entrate può procedere all’accertamento ai fini delle imposte sul reddito (Irpef e Ires).

Ai fini civilistici, i soli imprenditori commerciali devono conservare le scritture per 10 anni a partire dall’ultima registrazione.

Proroga dei termini di conservazione

Il termine di cinque anni per la conservazione delle fatture può essere prorogato solo in quattro casi:

  1. se il contribuente ha ricevuto la notifica di un accertamento fiscale non ancora definito: l’obbligo permane fino alla chiusura dell’indagine, se questa avviene oltre il termine dei cinque anni suddetto;
  2. se il contribuente ha una causa in corso con l’Agenzia delle Entrate per una contestazione collegata alla fattura in questione. Naturalmente l’obbligo di conservazione riguarda le sole scritture contabili rilevanti per la risoluzione della controversia;
  3. se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale Iva: l’obbligo permane fino a 7 anni (per i documenti relativi agli anni fino al 2015 compreso, è di 5 anni);
  4. per i documenti relativi agli anni fino al 2015 compreso, se il contribuente ha commesso una violazione che comporta obbligo di denuncia per uno dei reati tributari, i termini di 4 e di 5 anni sono raddoppiati.

Dove vanno conservate le fatture?

Le fatture cartacee conservate con i sistemi tradizionali devono essere conservate in Italia con cura e diligenza. Chi è solito creare le fatture al computer e conservarle nell’hard disk (interno o esterno) deve comunque stamparle poiché, qualora un virus o un guasto dovesse renderne impossibile la ricostruzione, egli sarebbe ritenuto comunque responsabile.

 

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