COMITATI IN DIFESA DEL DIRITTO ALLA CASA: “LA VICENDA DELLE DEMOLIZIONI IN CAMPANIA, LA PIU’ GRAVE VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI”

La vicenda delle demolizioni delle prime case di necessità in Campania, lungi dall’essere una fra le tante problematiche che affliggono il nostro Paese, rappresenta la più grave violazione di diritti umani consumata ai danni di una collettività dall’approvazione della Costituzione”. Lo ha dichiarato il Coordinamento regionale dei Comitati e delle Associazioni campane unite in difesa del diritto alla casa. “Questa non può costituire una questione meramente regionalistica. Ha di fatto un assoluto rilievo nazionale”.

Ad oggi nessuno ci ha spiegato ancora le ragioni che hanno condotto lo Stato ad un’assenza pianificatoria così prolungata nel tempo, nonché quelle alla base del silenzio della magistratura, negli anni della speculazione edilizia. Nè argomentazioni credibili sono state spese a giustificazione della carenza di adeguate politiche abitative”.

La Campania non è il Trentino e per noi “housing sociale” è parola nuova e sconosciuta. Qui, senza particolari “intercessioni” con gli uffici tecnici, non si va avanti. Si comprende dunque, come in un simile contesto, l’abusivismo di necessità sia andato definendosi non come un’opzione criminale ma come una scelta di sopravvivenza”.

Dopo decenni di malgoverno del territorio, di omissioni di vigilanza, di inadempienze amministrative, si pensa bene di demolire manufatti di modesta entità, espressione di disagio abitativo, destinati a prima ed unica abitazione, lasciando in piedi i simboli della speculazione. Una così delicata vicenda, che meriterebbe ben altre soluzioni (piani di riqualificazione, rigenerazione urbana, risposte abitative) è stata fin troppo strumentalizzata…”

All’alba delle prossime elezioni si fa sempre più chiaro come il nostro sia definitivamente da considerare un sistema partitocratico dove la democrazia non ha più alcuna cittadinanza. Una parte importante della popolazione non può vedersi negata la possibilità di esprimere una sua rappresentanza, mentre poche decine di “click” su piattaforme informatiche e liste bloccate decidono le future candidature. Se non è il popolo a poter esprimere le sue rappresentanze, allora la sovranità più non gli appartiene e la nostra non è da considerarsi una democrazia rappresentativa, ma una partitocrazia, rappresentando i partiti se stessi”.

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