Il 6 dicembre la festa in cima al monte la festa di San Nicola all’Epomeo

La chiesa a più alta quota dell’isola è quella dedicata a San Nicola e si trova in cima all’Epomeo, qui il 6 dicembre ogni anno si svolge una delle feste religiose più caratteristiche dell’isola di Ischia, che prevede anche una bella passeggiata campestre, perché – come tutti sanno – la cima dell’Epomeo è raggiungibile soltanto a piedi.
Ecologia e devozione quindi si incontrano in questa occasione, nel solco di una antichissima tradizione, quella del pellegrinaggio religioso, anche se in questo caso si tratta di un percorso molto breve, benché tutto in salita!
Una volta conquistata la cima, ci sarà modo di ammirare il panorama lenticolare su tutta l’isola – salvo nuvole basse! – eppoi andare e rendere omaggio al santo, la cui effige si trova all’interno della piccola chiesetta.
Dopo la messa, si svolge la processione, anche questa molto caratteristica. La statua del santo viene portata per i sentieri in modo che la sua benedizione si estenda su tutti i campi e le terre coltivate.
Poi la statua viene risposta in chiesa e si dà spazio all’aspetto godereccio e un po’ profano della festa: quello della tavola! Sul sagrato vengono offerti panini con salsiccia e frarielli o con polpette al sugo, torte fatte in casa, caldarroste e naturalmente un buon bicchiere di vino delle cantine di Fontana. C’è infine da aggiungere che questa della festa di San Nicola è anche l’occasione per visitare il vicino eremo, che viene aperto solo in questa occasione

La chiesa dell’Epomeo.
San Nicola venne fondata nel XVIII secolo; la storia narra che il Capitano del Castello di Ischia, Giuseppe D’Argouth, scampato alla morte in battaglia dopo aver chiesto l’intercessione di San Nicola, abbia innalzato al santo la chiesa, ed abbia costruito l’eremo per ritirarsi a vita monastica.
Scrive Achille della Ragione nel suo bel libro “ Le chiese di Ischia”:
“ La chiesa, scavata nel tufo, esisteva già nel 1459, come veniamo a conoscenza dal racconto del celebre Pontano, mentre le cellette del convento furono costruite nel 1587.(….) Sulla parete di fondo, risalente alla metà del Settecento, si trova la cappella delle reliquie, che occupano un vano dell’altare scompartito in cento nicchie, contenenti vasetti, in vetro soffiato, con antichi resti umani di santi e beati. Di lato, una statua di San Giuseppe in terracotta policroma, mentre, sulla parete destra dell’altare, un Cristo morente di autore ignoto di area partenopea, influenzato dalla locale plastica seicentesca. L’altare maggiore, di un buon marmoraro campano, presenta due reggimensola decorati da volute, che inquadrano il paliotto ornato al centro da un rilievo, incorniciato da una corona di alloro con simboli vescovili. In alto un ciborio adornato da cherubini sormontato da un baldacchino. Lateralmente due coppie di cherubini congiunti da una mensola.
L’arco sull’altare maggiore presenta una statua di San Nicola di Bari con il fanciullo coppiere, datata 1500, opera di un ignoto scultore campano, non influenzato dalla lezione dei fratelli Malvito, attivi a Napoli in quegli anni. (…)
Di un certo pregio il pavimento della zona absidale, esito di ignoto maiolicaro campano attivo nel Settecento (…) Il pavimento della navata e della cappella delle reliquie è invece identico a quello della prima cappella destra della chiesa di San Francesco d’Assisi, datato 1843. Formato da mattonelle con fiori su fondo giallo, alternate a quadrelli di cotto, mentre l’impiantito è delimitato da una fascia di racemi.

Ma chi era Giuseppe D’Argouth
Scrive Giuseppe D’Ascia nella sua storia di Ischia:
“ Intorno all’indicato Eremita Giuseppe Nargouth o d’Argouth come altri lo chiamano, l’anonimo oltremontano riportava la seguente cronaca, che i vecchi isolani han trasmessa, ed egli la riferiva: Sotto Carlo III un tal Giuseppe d’Arguth, o Nargouth di nazione Alemanno, era al
comando del Castello. Si volle personalmente mettere sulle orme di due disertori della sua guarnigione, che erano andati a nascondersi verso le alture della montagna. Egli li sorprese in un sito il più solitario, e nel momento che questo valente capitano si volea avventare su di essi, il suo cavallo inciampò, ed il cavaliere cadde alla supina. All’istante i malandrini, siccome erano armati di schioppo, tentarono di ammazzarlo: il capitano invocò l’aiuto di S. Nicola, e fé voto di dedicarsi al suo servizio se liberato. Le palle gli forarono il cappello ed il mantello, egli rimase salvo, e non riportò ferita alcuna. Subito depose la sue spalline e indossò la cocolla, lasciò la spada, e legò i suoi lombi con la fune e divenne Anacoreta. Dodici cenobiti radunò ed istallò un Eremitaggio. Scavò delle celle nel vivo sasso: ingrandì la chiesa; l’adornò di marmi, altari, di reliquie, di vasi sacri, ed un piccolo coro.
Si osservano ancora de’ lavori di legno opera delle sue mani.
Morì in concetto di santità: una tavola di pietra indica il luogo di sua sepoltura nella cappella del Crocifisso. Per umiltà cristiana non volle che la sua vita venisse scritta”.

Bibliografia:
Achille della Ragione “Ischia sacra guida alle chiese” Clean editore
Giuseppe D’Ascia “ Storia dell’isola di Ischia”

 

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