NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO RE DELL’UNIVERSO: “Gesù rispose a Pilato: TU LO DICI; IO SONO RE”(Vangelo di Giovanni 18, 33-37).

Sul fondale dell’anno liturgico che si chiude in questa domenica si erge la figura di Cristo Re, il cui trono è, però, la croce, il “supplizio degli schiavi”, come scriveva lo storico romano Tacito. E’ infatti dal racconto della Passione secondo Giovanni che è tratto il Vangelo di questa solennità. Mentre per i primi tre Vangeli il tema del Regno è centrale nelle parole di Gesù, per il quarto Vangelo esso acquista un rilievo particolare solo alla fine dell’esistenza terrena del Cristo di Maria, ove la regalità di Cristo appare una dozzina di volte. E’ proprio il caso di questa scena che ha per protagonista, con Gesù vero Uomo e vero Dio, il procuratore romano Pilato. Tutti gli evangelisti riportano la domanda di questo alto funzionario dello Stato romano: “Sei tu il re dei Giudei?”. Ma è solo Giovanni a riportare non una breve e reticente risposta (“Tu lo dici”), bensì un dialogo vero e proprio con una puntuale definizione del Regno di Cristo, il Figlio di Maria SS Vergine e Madre, Sposa mistica dello Spirito Santo, Dio, terza Persona della SS Trinità, unico Dio. Questa definizione comprende una doppia dimensione. La prima è negativa: “Il mio Regno non è di questo mondo, non è di quaggiù”. Non si tratta, quindi, di un progetto politico, non è un sistema di potere né una strategia socio-economica. Gesù, ricordando che ogni potere si fonda sull’apparato militare, contrappone la sua solitaria debolezza come prova della radicale diversità del suo Regno. E’ a questo punto che appare la dimensione positiva della regalità di Cristo. Essa si fonda sulla “testimonianza resa alla verità”. E “verità” nel linguaggio biblico è un termine dalle molteplici risonanze. Esso evoca la rivelazione della bontà del Padre, è espressione della fedeltà di Dio alle sue promesse di salvezza, è l’annunzio del Regno divino, è il Vangelo, è Cristo stesso. Gesù -“Io sono la via, la verità e la vita”- si appropria delle stesse prerogative di Dio, di Jahvè. “Proprio per questo i giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio”(Gv 5, 18), e ancora: “Gli risposero i giudei: -Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio”. Come si concilia la falsità tdg della traduzione: “Geova, un gran Re”; oppure: “Geova un gran Re su tutta la terra…Dio è Re di tutta la terra”(Salmo 47, 2-7) con la risposta di Gesù: “egò Balisèus eimì”(testo originale greco), “io sono Re”? Anche in Apocalisse 19,16 così è scritto di Cristo: “Un nome porta scritto sul mantello e sul femore: Re dei re e Signore dei signori”. Ma il quartier generale della tdg di Brooklyn (anticristo) ha deciso che Gesù non deve essere Dio e pertanto tutto ciò che si riferisce alla divinità di Cristo è falsificato, come il verbo greco “proskiunèo”(adorare) che riferito a Gesù è falsificato in “rendere omaggio”, mentre per Satana è tradotto “adorare” come in Mt 4,9 o Lc 4,7, e altrove come Ap 9,20; 13,4-8; 19,20. Solo per Gesù lo stesso verbo greco non vuol dire “adorare”. Il demonio è menzognero e padre della menzogna: eppure “Ho odiato ogni sentiero falso”(tdg Sal 119, 128)! L’apocalisse odierna (1,5-8) attribuisce ancora a Gesù Cristo prerogative di Dio: “A Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli”. Gloria, potenza, eternità sono prerogative di Jahvè. Dunque il confronto tra Cristo e Pilato è la definizione di due regni antitetici: da un lato quello imperiale, tirannico, falso; dall’altra c’è il “regno della verità” sino all’Amore che s’immola, perché Cristo vede nel dono, nella perdita, nella bontà e nel sacrificio di sé la radice d’ogni bene. Il suo Regno -Civiltà dell’Amore- non ha come legge il dominio, ma il coerente, immutabile servizio. Egli così nella Parusìa del Credo “di nuovo verrà nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo Regno non avrà fine”. P.B.

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