La richiesta di arresto del coordinatore regionale di Forza Italia, Domenico De Siano, da parte della Procura di Napoli, è una circostanza dagli innegabili riflessi politici. Senza entrare nel merito della questione giudiziaria, è evidente a tutti che questo è l’ultimo degli avvenimenti di una settimana che ha completamente mutato lo scenario politico in Campania. Alla vicenda Quarto per i 5 stelle e alla paralisi del Pd sulla scelta del candidato sindaco si aggiunge ora il caso De Siano, che certifica la frantumazione del centrodestra regionale. Due letture. Una immediata, dai contorni napoletani. Come già illustrato da Enzo d’Errico qualche giorno fa, tutto ciò avvantaggia Luigi de Magistris.
Non è un mistero che molti elettori del movimento 5 stelle guardano coninteresse al sindaco e potrebbero riversare su di lui la preferenza sottratta al movimento di Grillo, Di Maio e Fico, in piena crisi di credibilità. Allo stesso modo, i voti del centrodestra sono in libera uscita e venuto meno, per le predette ragioni, il probabile rifugio pentastellato, potrebbero addirittura considerare de Magistris come il male minore. Il Pd può essere dato per disperso. Come esattamente affermato da Biagio De Giovanni, sembra non solo non voler vincere queste elezioni, ma nemmeno voler seriamente competere. Il solo Bassolino è in campo. È questo è un fatto. L’unico, per ora. Rimane Lettieri, che sembra giocare una partita personale, più che politica.
Ma la crisi drammatica del centrodestra evidenzia, se possibile, una ulteriore considerazione di prospettiva. Perché espone il quadro politico ad una palese crisi di rappresentanza e, dunque, configura una emergenza di sistema. Di fatto, un lato del triangolo che si è delineato a seguito delle elezioni politiche del 2013, sta venendo meno. Berlusconi non ha più né l’energia né la voglia di spendersi. Anche volendo, non potrebbe. La legge lo condanna all’emarginazione. E il dramma vero è che la classe dirigente del partito non sembra averlo capito. Chi ancora, pateticamente, si appella al Cavaliere non vuole comprendere che è venuto il momento di crescere, se si intende sopravvivere. Cambiare radicalmente. E non certo inseguendo Salvini o i residui di una destra populista e nazionalista che sanno di muffa. La sfida a Renzi va giocata sul terreno di un riformismo liberale, laico, aperto, di prospettiva. Il confronto va avviato con poche, chiare parole d’ordine: libertà, merito, innovazione. Sono le stesse sbandierate e promesse da Berlusconi oltre venti anni fa, allorché si apprestava a giocare la sua lunga partita. Che ha perso.
di Sergio Locoratolo
da corrieredelmezzogiorno.corriere.it