ISCHIA, SFOLLATI DI MONTE VEZZI ABBANDONATI NEI CONTAINERS

 

Scatoloni di metallo tipo roulotte adibiti a case, biancheria stesa sotto una lamiera di ferro e giochi ed oggetti ammassati all’aria aperta per mancanza di spazio. Non siamo nelle favelas del sud America né tantomeno in uno dei tanti campi Rom disseminati nelle periferie delle città italiane ma, incredibile a dirsi, siamo nella rinomata Ischia, in pieno centro cittadino, all’interno dell’area dove, dal lontano aprile del 2006, alcune famiglie sfollate a seguito della tragedia di Monte Vezzi vivono accampate in dei container sistemati in spazi strettissimi. Si tratta di “scatoloni” metallici in cui, soprattutto per anziani e bambini, vivere è un vero e proprio inferno: che vergogna! All’interno dei container per fare le riprese abbiamo fatto fatica a spostarci a causa degli spazi strettissimi che  ci sono per la presenza di letti, tavolini, lavatrici, lavandini e cucine.  Qui ormai da tempo, nonostante i solleciti fatti dagli occupanti, il Comune non garantisce un minimo di manutenzione ordinaria. E cosi mentre tra allagamenti, infiltrazioni d’acqua, condizionatori guasti e topacci, in via Michele Mazzella si vive l’ennesimo Natale di abbandono sociale, l’Amministrazione Ferrandino in questi giorni ha    investito soldi per dotare il paese di una  sfavillante illuminazione natalizia: assurdo! “Noi – ci ha dichiarato la signora Carla Lauro con l’amaro in bocca per dover vivere anche quest’anno le festività natalizie coi propri figli in  questi scatoloni di metallo – stiamo da dieci anni qua dentro. Mio figlio aveva appena un mese quando siamo venuti qui. Vorrei chiedere al Comune come mai in dieci anni non sia stato possibile trovarci un altro alloggio”.  Disperato per dover ancora vivere questa situazione di disagio sociale è Raffaele Migliaccio. “Sono dieci anni che stiamo qui dentro –  ci ha detto sconsolato Raffaele – mentre ci avevano detto che ci saremmo rimasti due o tre anni. Io  sono caduto malato e denuncerò il Comune per i danni civili e morali perché noi non dobbiamo morire qui dentro. Gli scaldabagni scorrono, l’aria condizionale non funziona, l’impianto elettrico fa scintille ovunque e uno di questi giorni ci troveranno morti qui dentro”.  E pensare che in questi container ci sono bambini che non hanno mai vissuto in una casa come l’ultimo figlio di Raffaella Migliaccio preoccupata per i tanti problemi che ci sono all’interno dei container. “La pressione dell’acqua – ci ha spiegato Raffaella – è talmente forte che gli scaldabagni gocciolano mentre i topi si infiltrano nei container attraverso i buchi che si sono formati sulle pareti. Noi vogliamo avere una casa per poter vivere dignitosamente”. Cosa aggiungere. Sono già quasi dieci anni che le Istituzioni del nostro Paese continuano a non trovare una dignitosa soluzione abitativa a queste famiglie nonostante i progetti sbandierati ai quattro venti in modo particolare nel corso delle campagne elettorali. Eppure si tratta di pochissimi nuclei familiari che nel 2006 sono rimasti senza casa ma, nonostante questo, sino a questo momento il problema non è stato risolto dalle Istituzioni competenti e  oltre a non essere stati realizzati gli alloggi per gli sfollati,  non è stata neppure messa in sicurezza la zona interessata dall’evento franoso: che vergogna!  Una vergogna politica e sociale nazionale di cui sono responsabili i rappresentanti dei partiti politici di centro, centrodestra e centrosinistra a tutti i livelli istituzionali sulla cui coscienza pesa come un macigno il degrado sociale a cui da dieci anni a questa parte hanno relegato queste umili famiglie lavoratrici.

Gennaro Savio

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